«Bibliotime», anno XIV, numero 3 (novembre 2011)


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Il bene biblioteca



Più volte, da queste colonne, sono state messe in luce le connessioni tra i tumultuosi mutamenti intervenuti nella società odierna ed il mondo delle biblioteche: connessioni che non riguardano soltanto gli aspetti tecnologici – nei confronti dei quali le strutture bibliotecarie hanno da sempre manifestato un profondo interesse e da cui sono state decisamente condizionate – ma che vengono a coinvolgere un più ampio strato di fattori economici e sociali.

Il ruolo delle biblioteche nell'età dell'informazione e della conoscenza, com'è noto, è un tema oggetto di una quantità di analisi e di approfondimenti; al giorno d'oggi tuttavia esso viene ad assumere un rilievo particolare per almeno due motivi. Il primo si può ascrivere a quel significativo cambiamento nell'approccio alla rete che va sotto il nome di Web 2.0 e che, per usare le parole di Stefano Parise, "sta producendo una sorta di bibliotecarizzazione del mondo, senza che i naturali leader di questo processo, i bibliotecari, abbiano voce in capitolo". [1] Il secondo è legato all'attuale situazione economica, a causa della quale è seriamente messa in discussione la sopravvivenza stessa delle biblioteche.

Ora, se c'è una tipologia che più di ogni altra è coinvolta in tale realtà, questa è proprio la biblioteca pubblica: essa infatti è profondamente inserita nel tessuto socioculturale del territorio, punto di riferimento delle istanze istituzionali e politiche che in questo territorio si esprimono, ma anche luogo privilegiato di coagulo e condensazione dei cambiamenti che avvengono nell'universo delle conoscenze e della loro fruizione da parte degli individui.

Su queste tematiche, anche nel nostro paese, si è registrato un approfondito dibattito, a cui si aggiunge il rilevante contributo di Anna Galluzzi pubblicato sul numero corrente di Bibliotime. [2] I due punti esposti in precedenza (l'avvento di nuove modalità di fruizione dei contenuti in rete e le ricorrenti crisi economiche) vengono infatti a costituire gli assi portanti intorno a cui si sviluppa l'analisi dell'autrice, che affronta la realtà delle biblioteche pubbliche sia esaminando l'evoluzione del rapporto pubblico/privato e la crisi dello stato sociale, sia analizzando la profonda trasformazione di beni e servizi che si è avuta con l'avvento della cosiddetta economia della conoscenza.

E' in questo ampio e articolato contesto che per le biblioteche pubbliche emergono indubbi fattori di rischio, [3] ma anche una serie di straordinarie opportunità [4], che non derivano soltanto dall'essere istituzioni volte a ridurre le diseguaglianze conoscitive, o dal ruolo di "spazio pubblico puro", di "piazze del sapere" che svolgono per un'ampia comunità di persone; ma perché possono diventare veri e propri beni pubblici, contribuendo a "compensare situazioni che le logiche di mercato lascerebbero sfociare in conflitto sociale" e ad "aprire nuovi spazi di consenso sociale".

E non è un caso se il contesto finora preso in considerazione sia lo stesso in cui si manifestano fenomeni fortemente innovativi come quello degli open data, ossia dati presenti in rete e "liberamente accessibili a tutti, senza restrizioni di copyright, brevetti o altre forme di controllo che ne limitino la riproduzione": [5] un fenomeno abbondantemente discusso nel precedente numero di Bibliotime e che ora si arricchisce di un interessante articolo di Silvia Rebeschini e Rina Camporese sui dati aperti di tipo ambientale.

E se il resoconto di Silvia Giacomazzi ci informa di come le tematiche legate al mondo della comunicazione in rete siano diventate oggetto di un vero e proprio festival volto a "comprendere le nuove relazioni che si sviluppano nell'era dei nativi digitali, e dello scarto ormai incolmabile tra cibernauti e cibernaufraghi", è l'articolo di Graziella Tonfoni che ci mostra i cambiamenti a cui va incontro il testo scritto, sottoposto alle variabili di "vocabolari in continuo aggiornamento", e che "si movimenta nell'immaginario collettivo attraverso enciclopedie in dinamica espansione e piena disponibilità (cfr. Wikipedia)", portando così "a mescolanze ed a fusioni inedite, a risonanze bibliografiche estranee, che possono andare ben oltre il prevedibile".

Infine, un richiamo alla più viva e consolidata tradizione bibliotecaria viene dal contributo di Luciana Battagin sui cambiamenti intervenuti nella 23ª edizione della Classificazione Decimale Dewey, a testimonianza di come passato e presente continuino a interagire e a fornire strumenti efficaci a vantaggio degli utenti.

Michele Santoro


Note

[1] Stefano Parise, Fare politica bibliotecaria nell'epoca del post benessere, "Bollettino AIB", 2011, n. 1-2, <https://www.aib.it/aib/boll/2011/1101007.htm>.

[2] Nella vasta bibliografia che accompagna l'articolo sono naturalmente presenti i riferimenti al dibattito italiano.

[3] Non a caso il paragrafo è intitolato Perché le biblioteche pubbliche potrebbero morire.

[4] L'analogo titolo è Perché le biblioteche pubbliche potrebbero sopravvivere.

[5] Dati aperti, in "Wikipedia, l'enciclopedia libera", <http://it.wikipedia.org/wiki/Dati_aperti>.



«Bibliotime», anno XIV, numero 3 (novembre 2011)


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