[AIB] Associazione italiana biblioteche. Conferenza di Primavera 2002
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Il rapporto committente/impresa: tipologie di contratto e normativa vigente

Sergio Conti
Dirigente Settore Cultura del Comune di Monza


L'argomento in questione si presta per molti aspetti ad una trattazione strettamente giuridica ma non sarà quello il taglio del presente intervento sia perché il percorso formativo e la competenza professionale di chi parla non lo consentirebbero sia perché ai responsabili delle biblioteche di qualsiasi titolarità è richiesta una sempre più necessaria competenza giuridico/amministrativa non tanto per acquisire il ruolo di esperti e consulenti in materia ma in quanto diretti interessati all'utilizzo di tutti gli strumenti gestionali (non solo biblioteconomici ma anche amministrativi e giuridici) per migliorare efficacia, efficienza ed economicità dei servizi pubblici loro affidati.

Nel contesto attuale della Pubblica Amministrazione e nell'ambito del rinnovato quadro normativo la competenza tecnica che costituisce la professionalità specifica del bibliotecario è necessaria non solo per "saper fare" il proprio mestiere ma anche per conoscere che cosa chiedere e come chiedere ad operatori esterni e ad aziende private al fine di ottenere il meglio per la propria organizzazione; allo stesso modo è richiesto di conoscere la ratio - ma anche le specifiche modalità di gestione - dei servizi pubblici nonché le procedure da adottare per arrivare alla scelta del contraente in modo da saper adattare lo strumento amministrativo alle esigenze di gestione dei diversi servizi.

La conoscenza degli strumenti amministrativi e la capacità di predisporre gli atti volti ad ottenere il miglior risultato per l'amministrazione pubblica, nonché uno stile gestionale orientato alla qualità, sono i presupposti necessari per la costruzione di un proficuo rapporto tra committente e impresa.

Da esternalizzazione/delega in bianco
a gestione efficace tramite operatori esterni

La gestione dei servizi pubblici locali, soprattutto a partire dalla legge 142/90, è stata argomento di importanti trasformazioni che hanno portato alla creazione di inedite forme giuridiche e gestionali e alla comparsa di nuovi soggetti privati anche nell'ambito, benché economicamente non molto rilevante, delle biblioteche.

La tendenza ad affidare all'esterno della Pubblica Amministrazione tale gestione, in sintonia con gli indirizzi comunitari e con le più recenti scelte riformatrici, rende la gestione in economia - attualmente la più diffusa e praticata - un'ipotesi residuale giustificata dalle modeste dimensioni o dalle caratteristiche del servizio.

Senza voler entrare nel merito della questione, recentemente balzata all'attenzione della cronaca e del dibattito tra addetti ai lavori, della "privatizzazione" dei servizi culturali, ci limitiamo a constatare che anche la gestione dei servizi bibliotecari è spesso effettuata avvalendosi in varia misura e foggia dell'intervento dell'imprenditoria privata; questa pratica è frequentemente adottata in concomitanza di questioni contingenti legate a:

Questo modo di operare viene spesso definito "esternalizzazione" della gestione dei servizi, termine che in diversi contesti ha quasi assunto una connotazione e un significato negativi non tanto per contrarietà pregiudiziale a tutto ciò che non sia gestione diretta da parte dell'ente quanto perché nella sua trasposizione pratica più frequentemente adottata l'esternalizzazione si è tradotta spesso in una delega in bianco al gestore accompagnata dal disinteresse dell'ente rispetto alla qualità del prodotto, quasi si trattasse di una liberazione da attività gravose, disagevoli e poco appaganti nei confronti delle quali gli uffici già nutrivano forte disinteresse. Le pulizie degli edifici pubblici rappresentano una esemplificazione generalizzata di questo fenomeno: oramai quasi tutte appaltate all'esterno senza che ciò abbia determinato un visibile miglioramento della qualità.

Affidare ad altri la gestione di un servizio non dovrebbe mai tradursi in una abdicazione perché la responsabilità del servizio pubblico sta sempre in capo all'ente dal momento che esso ne mantiene la titolarità e quindi ne risponde all'utente diretto e al cittadino in generale.
Occorre pertanto che i criteri di una buona gestione, seppure con modalità diverse, vengano applicati sia alle prestazioni effettuate in economia che a quelle ottenute tramite altre forme di gestione; in particolare è necessario:

Affinché il rapporto committente/impresa possa essere soddisfacente (e per essere tale la condizione ideale da perseguire è quella della soddisfazione di ambedue le parti o, in subordine, almeno la soddisfazione del committente) occorre che siano in atto alcune condizioni, che si potrebbero definire di carattere generale e preliminare, che qui vengono solo accennate per ristrettezza di tempo e coerenza col tema assegnato ma che meriterebbero una trattazione a parte 1.

A. Sul versante delle imprese e del mercato in generale è necessario:

B. Sul versante delle biblioteche occorre:

Riferimenti normativi

Con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157 è stata data attuazione alla direttiva 92/50/CEE in materia di appalti di pubblici servizi. Tale decreto non costituisce una norma prescrittiva per i servizi culturali poiché questi sono compresi fra quelli elencati nell'allegato 2 del decreto stesso e quindi ad essi la normativa comunitaria è da applicare obbligatoriamente solo in modestissima parte (pubblicità degli esiti, specifiche tecniche...); esso piuttosto costituisce nel suo insieme un modello procedurale di riferimento che si ritiene ottimale per l'individuazione del contraente. Le successive direttive CEE 97/52, 98/4 e 93/38, che hanno parzialmente modificato la precedente direttiva, sono state poi recepite dal D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 65.
Circa la valutazione dei costi del lavoro e della sicurezza nelle gare di appalto occorre fare riferimento alla legge 7 novembre 2000, n.327 mentre rimangono ancora fondamentali il R.D. 18 novembre 1923, n 2440 "Disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e la contabilità generale dello Stato" e il relativo regolamento di esecuzione rappresentato dal R.D. 23 maggio 1924, n. 827.
La novità più recente è rappresentata dalla legge finanziaria per il 2002 (L. 28 dicembre 2001 n. 448) che ha ampiamente modificato l'articolo 113 del T.U. n. 267/2000 distinguendo fra i servizi pubblici locali aventi rilevanza industriale e tutti gli altri. Il nuovo articolo 113 bis indica con l'espressione generica di "affidamento a terzi" le modalità di gestione di servizi pubblici locali in modo esternalizzato comprendendo in tale espressione tutte la varie possibili modalità in cui tale "affidamento" può concretizzarsi: in modo particolare l'appalto del servizio e la concessione.
Non sto a dire delle altre forme di gestione nelle quali l'ente pubblico è parte in causa e non semplice committente, forme delle quali già altri hanno trattato ieri da questo tavolo; vorrei invece, coerentemente con il tema affidatomi, indirizzare il discorso sulle due forme di gestione "privata" dei servizi, la concessione e l'appalto.

La concessione di pubblici servizi

L'utilizzo della concessione per l'affidamento a terzi, da parte delle pubbliche amministrazioni titolari delle relative funzioni, di servizi culturali 2 è stato ed è tuttora scarsamente diffuso, probabilmente in conseguenza dei limiti incerti dell'istituto e, soprattutto, dell'assenza - per lungo tempo - di una disciplina di carattere generale dedicata alle concessioni di pubblici servizi.
Anche se la "concessione a terzi" è stata per oltre dieci anni espressamente indicata dalla legge 142/90 quale uno dei sistemi per la gestione dei servizi pubblici locali, gli "affidamenti" a privati della gestione di servizi culturali è quasi sempre avvenuta ricorrendo, di fatto, all'appalto o al contratto d'opera, con la conseguenza di rinunciare alla "collaborazione" (caratteristica di un vero rapporto di partnership) e di accontentarsi dello "scambio".
Infatti diverso è il rapporto che nasce dalla concessione rispetto a quello che deriva dall'appalto, così come diverso è lo status del concessionario da quello dell'appaltatore.
Nel caso dell'appalto, la pubblica amministrazione appaltante stipula con il privato appaltatore (ma la logica non cambia nel caso del contratto d'opera) un normale contratto di diritto privato: un contatto "passivo" per la pubblica amministrazione, che comporta per essa l'esborso di un prezzo in cambio del servizio/intervento appaltato. La natura privatistica-contrattuale del rapporto di appalto e la sua connaturale rigidità male si prestano a soddisfare le esigenze di pubblicità e di adattabilità nel tempo che le collaborazioni pubblico/privato nell'esercizio di funzioni culturali articolate portano con sé.
Spesso poi il soggetto no profit che collabora con una Pubblica Amministrazione per i servizi culturali è lontano dall'atteggiamento mercantile dell'appaltatore for profit e svolge una vera e propria funzione pubblica, in una logica di sussidiarietà nella quale il rapporto di collaborazione dovrebbe essere in grado di adattarsi ai cambiamenti del quadro di riferimento e delle situazioni con cui si trova a confrontarsi.

La concessione amministrativa ben più dell'appalto è in grado di assicurare le caratteristiche auspicate al ruolo del soggetto che intenda collaborare con una pubblica amministrazione negli interventi e nei servizi culturali, ed al rapporto di tale soggetto con essa. Con la concessione, infatti, il concessionario assume la veste di "sostituto" dell'Amministrazione concedente, per conto della quale produce ed eroga il pubblico servizio.
Da una parte, quindi, il concessionario assume veramente un ruolo pubblico, svolge anche formalmente una pubblica funzione ed agisce "come" se egli stesso fosse la pubblica amministrazione titolare delle funzioni svolte. Dall'altra, quest'ultima pur avendo delegato ad un privato l'esercizio di proprie funzioni, ne rimane pur sempre titolare e perciò conserva costantemente il potere di intervenire - unilateralmente o attraverso accordi con il concessionario - nel ridefinire i contenuti del servizio/intervento adattandoli al mutare delle circostanze e alla luce dell'esperienza.

Se la concessione amministrativa presenta - come effettivamente presenta - tali apprezzabili caratteristiche, v'è da chiedersi per quale ragione il suo utilizzo sia stato così modesto.
La risposta va individuata

La "collaborazione" delle cooperative è stata spesso banalizzata in forme di intermediazione di mano d'opera o in finalità di mero risparmio finanziario.
Sotto il secondo profilo, il rapido passaggio da un'amministrazione tradizionale fondata sul potere e sul provvedimento ad una nuova, impegnata nelle prestazioni e nell'organizzazione, hanno indotto a privilegiare lo strumento privatistico dell'appalto e le sue complesse (ma definite) procedure, rispetto a quello pubblicistico della concessione, per il quale, in mancanza di specifiche normative di settore si sarebbe imposto - sia sotto il profilo sostanziale che sotto quello procedurale - il ricorso ai principi generali del Diritto Amministrativo e a procedimenti atipici, comunque rispettosi dell'evidenza pubblica.

La radicata disattenzione per la concessione e per il suo utilizzo ha paradossalmente determinato la mancata percezione di una importante novità legislativa che ha posto fine ad una parte significativa delle incertezze che contraddistinguevano tale istituto.
Infatti, una legge che non ha apparentemente nulla a che fare con i pubblici servizi (la legge n. 415/1998, meglio nota come "Merloni ter") all'articolo 3, ottavo comma, contiene una norma, che non è esagerato definire "criptata", di questo tenore: "Alle concessioni di servizi pubblici si applicano, ove compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 19, comma 2-bis, della legge n. 109, introdotto dal comma 7 del presente articolo".
Il significato decriptato della norma è che le regole stabilite per la concessione della costruzione e gestione di opere pubbliche si applicano anche, ove compatibili, per la concessione di servizi che non hanno nulla a che vedere con opere pubbliche.
Le disposizioni richiamate dall'ottavo comma dell'articolo 3 della Merloni ter disciplinano l'aspetto contrattuale dei rapporti fra Amministrazione concedente un pubblico servizio e privato concessionario e, nella logica del perdurante potere della prima, che può sempre intervenire nel corso della durata della concessione (che può essere anche molto lunga, sino a trent'anni) modificando le caratteristiche del servizio, stabilisce che le conseguenze economiche di tali modificazioni (o di quelle derivanti da nuove norme di legge o regolamentari) devono essere sopportate dal concedente (o da questo godute, se economicamente positive).

Quanto alla procedura per l'affidamento della concessione, nulla di specifico dice la Merloni ter a proposito della concessione di pubblici servizi, ma sul punto la consolidata giurisprudenza ha chiarito che la procedura non è disciplinata dalle norme che riguardano l'individuazione del contraente nei contratti di appalto (non trattandosi, evidentemente, di contratti di appalto e, neppure, secondo una lettura tradizionale dell'istituto, di contratti in senso stretto) ma deve comunque essere rispettosa dei principi fondamentali dell'azione amministrativa (legittimità, economicità, trasparenza, par condicio, ecc.), come, del resto, qualsiasi altra attività volitiva della Pubblica Amministrazione.
Una procedura possibile potrebbe essere, ai fini della definizione del progetto e dell'affidamento della concessione, una procedura ad evidenza pubblica ispirata al modello del concorso di progettazione di cui all'articolo 26 del D. Lgs. n. 157/1995. Naturalmente, come più sopra detto, il riferimento al D. Lgs. n. 157/1995 ha solo il valore di indicazione di un modello procedurale che potrà essere modificato ed adattato nel modo che sarà ritenuto opportuno in rapporto alle concrete esigenze dell'Ente; in particolare, non vi sarà alcun bisogno di procedere alle pubblicazioni stabilite per gli appalti di servizi sopra soglia né di rispettare i tempi rigidamente disciplinati dalla normativa citata.

L'avviso del procedimento ad evidenza pubblica per la progettazione dovrebbe precisare, in analogia a quanto previsto dal D. Lgs. n. 157/1995 per il concorso di progettazione formalmente inteso, che l'Ente si riserva la facoltà di procedere a trattativa privata con il vincitore del concorso di progettazione per l'affidamento allo stesso della gestione del servizio.
In tal modo, si abbinerebbero i vantaggi derivanti dalla valorizzazione della partnership nel momento della progettazione con quelli relativi ad una procedura di affidamento della concessione del servizio agile e rapida.
Nella trattativa per l'affidamento, naturalmente, il progetto vincitore sarà passibile di miglioramenti.
Infine, si procederà all'affidamento della concessione ed alla stipula del relativo contratto.

Spero, e mi basta questo, d'aver fatto intuire agli ascoltatori le potenzialità di questo strumento amministrativo e i vantaggi che ne potrebbero derivare per i servizi bibliotecari.

Le gare d'appalto

Nel trattare qui dell'appalto e della scelta del tipo di gara viene dato per acquisito tutto quanto è descritto in modo preciso e dettagliato nel D.Lgs n. 157/1995 e si forniscono invece indicazioni e spunti di riflessione circa le correlazioni tra le procedure di aggiudicazione e le caratteristiche del servizio da esternalizzare nonché gli obiettivi da raggiungere.

Se del servizio da acquistare è possibile una univoca, articolata e precisa definizione delle caratteristiche e se di esso è preminente il fattore prezzo si può ricorrere al pubblico incanto che ha l'indubbio, ma unico, vantaggio di contenere i costi del servizio.
Potrebbe in astratto essere la procedura adatta, ad esempio, per acquistare servizi altamente standardizzati come la catalogazione; ma il condizionale è d'obbligo perché un presupposto indispensabile al favorevole esito della gara è l'esistenza di diverse aziende che siano già passate nel crogiolo della concorrenza e che abbiano una struttura consolidata: è questo il caso di un mercato maturo, nel quale i costi di operazioni standard sono oramai tariffati in modo consolidato, e la concorrenza sul prezzo non va a detrimento della qualità della prestazione poiché se quest'ultima risultasse insoddisfacente per il cliente determinerebbe contenzioso, rottura di contratti e la rovina della reputazione dell'azienda.
Va notato che nel pubblico incanto non vi è nessun coinvolgimento del partner privato nella fase di identificazione delle metodologie di intervento e che la rigidità della procedura può portare a comportamenti opportunistici da parte del soggetto che ha vinto la gara. Il rimedio sta nell'introdurre nel capitolato di gara un sistema di controlli studiato in funzione delle caratteristiche del servizio da fornire e delle dinamiche committente/impresa che in quel particolare caso si possono sviluppare, prevedendo una scansione e progressione di penali che vadano nella direzione dell'incentivazione a produrre la qualità desiderata ma che prevedano anche la rescissione del contratto nel caso estremo.
Occorre tuttavia osservare che le biblioteche non beneficiano, se non in modestissima misura, del controllo sociale che viene esercitato su altri servizi pubblici. Le mense scolastiche o gli asili, ad esempio, spesso migliorano le loro prestazioni a seguito dell'intervento, con clamore di cronaca, dei genitori; i servizi tariffati sono oggetto di interventi delle associazioni dei consumatori: ciò non avviene per le biblioteche e può favorire una certa trascuratezza nella gestione.

Per la licitazione privata valgono in buona parte le osservazioni espresse a proposito del pubblico incanto alle quali va aggiunta un'annotazione specifica a proposito della procedura ristretta che da un lato fornisce maggiori garanzie alla Pubblica Amministrazione circa la correttezza e la professionalità del possibile vincitore ma nello stesso tempo potrebbe creare barriere all'ingresso di nuovi soggetti e situazioni di privilegio contrattuale.

Sia con il pubblico incanto che con la licitazione privata l'adozione del criterio di aggiudicazione a favore dell'offerta economicamente più vantaggiosa permette all'Amministrazione di adottare elementi di valutazione qualitativa determinanti al fine della selezione di soggetti qualificati e/o prestazioni di qualità: la distribuzione dei punteggi tra la parte economica dell'offerta e gli altri criteri valutativi va attentamente dosata in modo da ottenere il miglior rapporto qualità/prezzo possibile.
Gli elementi non monetari - ma che costituiscono un vantaggio economico per l'Amministrazione, oltre che garanzia di correttezza e di qualità della prestazione - possono essere:

Non vi sono limiti al proposito - in questo ambito l'autonomia decisionale dell'ente pubblico si esplica in modo forte - e un buon gestore può costruire in tal modo lo strumento di selezione più adatto agli obiettivi dell'Ente e alle caratteristiche del servizio.

Nell'appalto concorso non solo si può esprimere nel modo più pregnante la potenzialità del criterio di aggiudicazione a favore dell'offerta economicamente più vantaggiosa ma, pur nella trasparenza dell'attività della Pubblica Amministrazione, vi è la massima apertura nei confronti dell'innovazione portata dai concorrenti.
Si tratta della procedura più laboriosa ma che ben si presta per l'aggiudicazione di quei servizi non di routine, specialistici, in cui la definizione delle modalità organizzative e gestionali presenta margini di contrattualità. È opportuno insistere molto nella definizione degli obiettivi del servizio, lasciando maggiore capacità discrezionale al soggetto privato in merito alla organizzazione dello stesso; l'articolazione del progetto in diversi punti, e la ponderazione valutativa assegnata a ciascuno di essi, daranno ai concorrenti un orientamento su quali sono le aspettative dell'Amministrazione.
Occorre infine valutare molto attentamente i pesi da attribuire ai diversi elementi del progetto, alla qualificazione dell'azienda e al prezzo: da questa bilanciatura dipende in gran parte l'esito della gara.
Nell'appalto concorso le modalità di controllo finalizzate a rilevare e censurare eventuali inadempienze contrattuali avranno ragione di esistere solo in casi estremi in cui si verifichino inadempienze gravi; negli altri casi è probabile che non si sia in grado di cogliere la reale qualità del servizio erogato se non nel medio periodo; pertanto la modalità di controllo più efficace consiste nel coinvolgimento del soggetto privato in un'opera di autovalutazione della qualità del servizio offerto. Questa sembra essere una strada percorribile per due principali motivi:

La trattativa privata, prevista con una casistica dettagliata dal D.Lgs 157/95 che ne limita fortemente l'impiego consentendolo solo in casi particolari, è indubbiamente la modalità di selezione del contraente più agile e facile da applicare perché consente ampia discrezionalità all'Amministrazione e comporta meno rischi perché permette di scegliere un contraente sperimentato o già conosciuto. Si presta ad operazioni veloci, di emergenza, di breve respiro.
Tuttavia è una procedura poco trasparente e per questo inadatta a mercati concorrenziali, crea barriere all'entrata di nuovi soggetti e rinuncia ai risparmi - spesso significativi - derivanti dalla concorrenza tra imprese.
Non è sicuramente la procedura del futuro prossimo nel quale le forme alternative alla gestione in economia - che sarà fortemente minoritaria e residuale - saranno molto diffuse.

La durata dei contratti

Mentre l'ente locale potrebbe essere interessato a stipulare contratti di breve durata per mantenere la massima capacità discrezionale nella gestione degli interventi, le imprese hanno l'opposta esigenza di poter contare su contratti lunghi per poter definire adeguate politiche di investimento e per pianificare le proprie attività.
Occorre valutare le caratteristiche del servizio per favorire, con una durata adeguata, le logiche di impresa più positive e vantaggiose per l'Ente.

Questa rapida e selettiva panoramica su alcuni aspetti del rapporto committente/impresa ha lo scopo di suscitare curiosità, e forse interesse, nei confronti di tematiche che diventeranno sempre più necessarie al bagaglio professionale e di conoscenze dei gestori di pubblici servizi e che potranno aiutare i bibliotecari a dare nuovo vigore agli istituti dei quali sono responsabili.

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1. Per queste tematiche e per le valutazioni delle diverse modalità di gara più avanti trattate si è debitori nei confronti di alcuni contributi, anche non formalizzati, di Alessandro Battistella dell'Istituto per la Ricerca Sociale di Milano.
2. In questa parte si è preso spunto anche dal contributo offerto ad una pubblica amministrazione da Franco Della Mura, professore di Diritto amministrativo presso l'Università di Verona.


Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2002-07-24 a cura di Beniamino Orrù e Paola Frogheri
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/sardegna/cp02/conti.htm

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