[AIB] AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 2 (2000)

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L'esperienza di cooperazione fra enti diversi nel sistema bibliotecario provinciale

COOPERAZIONE BIBLIOTECARIA A PRATO

di Franco Neri

Riceviamo da Franco Neri, direttore della Biblioteca comunale "A. Lazzerini" di Prato, una riflessione sulla possibilità di migliorare i servizi bibliotecari tramite la cooperazione, che s'inserisce nel dibattito avviato nel numero scorso su "cultura del servizio e cultura della conservazione"

L'esame dell'esperienza del sistema bibliotecario pratese può, nell'originalità e nella concretezza di un percorso di cooperazione, forse contribuire ad un approfondimento del dibattito in corso su "cultura del servizio/cultura della conservazione".
Il sistema documentario provinciale pratese è il risultato di una prassi cooperativa che, in forme che potremmo definire di "spontaneità strutturata", ha coinvolto a partire dal 1995 biblioteche comunali e "storiche", biblioteche e centri di documentazione ad elevata specializzazione tematica o disciplinare, tutti concordi sull'obiettivo di fornire ai cittadini, ai soggetti individuali e collettivi che vivono ed operano nel territorio, ai ricercatori ed agli studiosi, servizi ed attività integrate di lettura, diffusione e recupero dell'informazione, ricerca e studio, promozione.
La tipologia di biblioteche e centri di documentazione non è assoluta, ma relativa, né è tantomeno definita unicamente dall'appartenenza giuridico-istituzionale. L'identità di una biblioteca si manifesta e costruisce su più livelli reciprocamente intersecantesi: la sua storia, certo; le stratificazioni documentarie ed i "picchi" che caratterizzano lo sviluppo delle collezioni; la sua utenza passata e presente; i saperi dei propri operatori; i legami culturali con il territorio e con quanto va oltre esso, ed è fatto di scambi e relazioni culturali e scientifiche; i progetti e le iniziative di condivisione; la sua appartenenza ad uno o più sistemi. Tutto questo costituisce non solo la ricchezza di quello specifico istituto nell'equilibrio di un sistema, ma è il fondamento su cui costruire nuovi rapporti e scambi.
Si tratta cioè di vedere le funzioni che concretamente svolge una specifica biblioteca. Vi sono biblioteche civiche, come la maggiore dell'area, la Biblioteca comunale "A. Lazzerini", che sono al tempo stesso sia "storiche", per la notevole incidenza di fondi locali e sezioni speciali attinenti la cultura del territorio, che specializzate perché nuclei documentari hanno avuto un rilevante ed accentuato sviluppo anche a seguito di donazioni di "librerie" di intellettuali.
Analogamente biblioteche "storiche", come la Biblioteca Roncioniana, o specializzate come il CID/Arti Visive, svolgono anche la funzione di spazi per una lettura e uno studio non strettamente connessi alle loro caratteristiche. Più in generale, le funzioni che una biblioteca/centro di documentazione svolge in una rete locale devono essere esaminate da almeno tre prospettive: a) la specificità del proprio pubblico e dei propri nuclei documentari; b) la funzione sociale più complessiva che molte di esse adempiono, oltre il loro ruolo istituzionale;
c) la funzione di documentazione della storia e della cultura del territorio.
Cooperazione nell'insieme del sistema e valorizzazione dello specifico istituto bibliografico sono dunque azioni complementari: la ricchezza dell'insieme è data dalla capacità delle parti, delle singole biblioteche e centri di documentazione, di costruire azioni comuni, nell'attività di ricerca come nella dilatazione degli orari di apertura.
Cosa significa guardare oltre l'appartenenza istituzionale? Esso ha significato in questi anni almeno tre linee di incontro:

. Un percorso che ha condotto, al termine di quattro anni di cooperazione e di esperienze comuni, alla giornata di studio "Cooperare fra diversi" (10 dicembre, 1999) e all'approvazione - da parte prima della Provincia, Ente capofila, poi degli altri Enti - dello schema di convenzione per la costituzione del Sistema bibliotecario pratese. E con esso una carta dei servizi che rappresenta, negli impegni reciproci, quello che potremmo definire il linguaggio profondo delle biblioteche, ciò che unisce il centro di documentazione specializzato, la biblioteca civica e la biblioteca "storica": un orizzonte di servizi e di cooperazione, più che una elencazione analitica di prestazioni e servizi erogati e delle modalità di fruizione.
Tutto ciò ha molto a che vedere con un problema apparentemente astratto, che potrei chiamare la questione dell'età delle biblioteche.
Qual è infatti l'età delle biblioteche? Per talune di esse ci si può interrogare se l'origine debba datarsi dalla disponibilità al pubblico dei primi nuclei documentari, oppure dal momento della definizione istituzionale. Così, per esemplificare su una istituzione antica a me cara, la Biblioteca "R. Fucini" di Empoli, la sua disponibilità data dal 1819, la qualificazione di "comunale" dal 1833. Ed è evidente che, se si assume come definizione di biblioteca un insieme di raccolte ed informazioni organizzate per l'uso da parte di una comunità, la sua età cronologica inizia con il 1819.
Ma è solo questa l'età delle biblioteche? Oppure in esse si intersecano e si stratificano età diverse, date innanzitutto dalla tipologia di testi e documenti conservati, e dalle relazioni che le biblioteche hanno e ricercano con la comunità di riferimento? Così un primo aspetto da valutare è costituito da legami che connettono una biblioteca alla sua città.
Nei nuclei librari delle biblioteche, nelle donazioni (di libri e di risorse), si riflette sempre non solo la cultura dei secoli, ma anche il formarsi di gruppi ed élites intellettuali, l'evolversi di sensibilità. L'evolversi delle biblioteche è percepito come un tutt'uno con l'evolversi della città, e con il suo maturare attraverso la ricerca, lo studio, il confronto culturale, la consapevolezza della lettura e dell'informazione come risorsa della vita associata. Né casualmente ho parlato di biblioteche al plurale. È infatti il sistema, l'insieme delle biblioteche e degli archivi che costituisce ricchezza per il territorio, non l'una o l'altra di esse isolatamente prese. E, reciprocamente, l'esiguità di risorse di molte è, dovrebbe essere, non il problema di questa o quella, ma del sistema delle biblioteche e degli Enti che ne costituiscono la rappresentanza istituzionale. Vi è una funzione della biblioteca, di qualunque biblioteca, che viene quasi sempre taciuta, misconoscendone ruolo e significato: è la capacità di studiare e ricercare da parte della biblioteca, la capacità di leggere nei propri fondi e nella propria storia, nel proprio presente e nelle tendenze future, nei servizi erogati e nelle modalità di fruizione, nelle trasformazioni delle proprie utenze. È la capacità di individuare le stratificazioni nelle raccolte, di valutare una collezione, di effettuare una perizia storico-culturale di un fondo o di una donazione, di leggere il singolo libro insieme alla raccolta in cui è inserito.
Senza questa capacità si separano l'informazione e la conoscenza dai supporti in cui vivono e dalla storicità e materialità di cui sono intessuti, e si ignorano i nessi che legano una biblioteca all'altra.
Ritorna così il problema dell'età delle biblioteche. In realtà nelle biblioteche convivono diverse età, e l'età di ciascuna non è data solo dalla sua origine istituzionale, ma dalla capacità di partecipare delle età delle altre, di fare convivere così giovinezza e maturità, innovazione, scarto e senso del tempo, rigore e audacia nella ricerca e nella sperimentazione. Non credo vi possa essere, per una istituzione culturale, migliore augurio di questo mantenersi fedeli ad una ricerca di integrazione fra età diverse.


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Copyright AIB 2000-09-24, ultimo aggiornamento 2000-09-24 a cura di Vanni Bertini
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