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Sistemi bibliotecari universitari: esperienze a confronto


Il sistema bibliotecario dell'ateneo fiorentino e il suo progetto

di Laura Vannucci


Nel nuovo contesto normativo delineato dalla L. 168 del 1989, dal decreto legislativo 29 del 1993 e dalla L. 537 del 1993, con cui sono state conferite alle Università, con la maggiore autonomia, maggiori responsabilità e progettualità, anche il settore delle biblioteche dovrebbe essere gestito secondo una politica che discenda dalla strategia dell'Ateneo e costituire un insieme integrato e coordinato di biblioteche che adeguino le procedure e i servizi a standard fissati a livello centrale e secondo un regolamento di Ateneo. In questo modo sembrano più facilmente realizzabili gli obiettivi di migliorare l'efficienza e l'efficacia, di adottare indicatori idonei ad una corretta valutazione e tali da consentire un monitoraggio costante e di sviluppare i servizi all'utenza anche al fine di creare prodotti in virtù dei quali ottenere finanziamenti.
Sulla base di questi presupposti le biblioteche dell'Ateneo fiorentino sono state recentemente riorganizzate: traccerò una sintetica storia di tale processo, per giungere infine ad illustrare la situazione attuale e le linee di sviluppo futuro.

Nel 1995 una serie di ordinanze del Direttore amministrativo gettarono le basi per una profonda trasformazione dell'intero Sistema bibliotecario di Ateneo, sino a quel momento coacervo di tante realtà bibliotecarie frammentate, monadi isolate e gestite per lo più dai docenti presidenti dei Comitati scientifici-tecnici, dove erano offerti servizi di appoggio alla didattica e alla ricerca quantitativamente e qualitativamente assai disomogenei.

Da quel momento, anche sotto la spinta della sempre crescente domanda di qualità da parte dell'utenza, iniziò una ristrutturazione del settore che dura ancora oggi, con l'obiettivo di migliorare il servizio di trasferimento dell'informazione e quello della conservazione del patrimonio bibliografico finalizzata ad un suo migliore uso; il progetto di riorganizzazione prevedeva di razionalizzare le procedure, riqualificare il personale e renderne più efficace l'impiego, condividere le risorse.

Fu individuato come scopo prioritario il miglioramento del servizio al pubblico, il front office, prodotto finale di ogni processo svolto nelle biblioteche, fino ad allora tenuto in bassissima considerazione, svolto secondo schemi e con strumenti tradizionali e affidato a chi non era in grado o non intendeva cimentarsi in mansioni più qualificate come la catalogazione o la gestione periodici, che rimanevano invece retaggio dei bibliotecari più professionali; con una simile organizzazione spesso si chiudevano all'improvviso le biblioteche, impedendo l'uso dei libri perché mancavano i bibliotecari addetti alla distribuzione, mentre ce n'erano in gran numero di quelli il cui compito era proprio predisporre l'uso dei libri inventariandoli e catalogandoli; inoltre si verificavano parecchi casi in cui l'utente non riusciva a individuare e reperire un documento perché nessuno del front office, per ignoranza dei metodi di ricerca bibliografica e dei meccanismi sottesi alle procedure interne di catalogazione, poteva aiutarlo con cognizione di causa.

Risultava chiaro che la rigidità di ruoli sacrificava competenze e professionalità e nel contempo rendeva un pessimo servizio all'utente; si cominciò pertanto ad attuare massicci interventi formativi per tutto il personale bibliotecario e ad impiegare nei servizi al pubblico per una piccola percentuale di tempo (circa il 20%) anche i catalogatori, gli specialisti della consultazione delle banche dati, gli acquisitori, i direttori (!), tutti coloro, insomma, che normalmente erano impegnati in altre attività: in questo modo si allargò il raggio di conoscenze di tutti i bibliotecari (anche per lo scambio culturale fra coloro che erano addetti prevalentemente al pubblico e i colleghi solitamente relegati in un ufficio a svolgere sempre lo stesso lavoro, talvolta completamente avulsi dalla realtà della biblioteca); ma soprattutto si innalzò il livello qualitativo del servizio di informazione e orientamento e furono create le premesse perché potessero in futuro delinearsi nuove figure professionali come quella del reference librarian; il front office, da quel momento, non ha più rappresentato un collo di bottiglia, un punto critico in cui si vanifica tutto il lavoro certosino svolto nel back office.

Si sono a poco a poco sviluppati i servizi di base: è stato aumentato l'orario di apertura, automatizzato il servizio di prestito, organizzato il prestito interbibliotecario; sono stati poi introdotti numerosi servizi avanzati (come quello dei CD-ROM in rete e i tanti punti di collegamento ad Internet); è stato realizzato, inoltre, un intenso programma di corsi per istruire gli studenti nella ricerca delle informazioni in rete.

Si sono analizzate una ad una anche tutte le procedure interne e si è cercato di rimuovere le cause della formazione di arretrati e di sanare altre situazioni che provocavano disservizi all'utenza; si sono creati servizi centralizzati e servizi distribuiti, secondo la migliore rispondenza alle esigenze di una corretta gestione biblioteconomica.
Sono state così centralizzate le procedure amministrative, sebbene non sia stato possibile giungere ad un budget unico per ogni aggregazione bibliotecaria; a livello centrale sono stati gestiti la formazione del personale (nel 1997 una quarantina di bibliotecari ha conquistato un passaggio a qualifiche funzionali superiori anche grazie ad un corso di riqualificazione), il coordinamento e la valutazione dell'intero sistema, l'automazione, la cooperazione con altri enti, i documenti elettronici; si è avviata la centralizzazione della catalogazione e delle acquisizioni; sempre centralmente vengono organizzate task force o gruppi di lavoro temporanei per interventi eccezionali in singole realtà bibliotecarie. Anche dove si è optato per i servizi distribuiti si è cercato, comunque, di omogeneizzare le procedure e le modalità di erogazione.

Nella fattispecie, l'organigramma attuale del nostro Sistema Bibliotecario di Ateneo si avvicina al modello a matrice, per l'intersecarsi di funzioni e uffici con gruppi di lavoro trasversali, sia a livello generale che a livello di macroaggregazioni di biblioteche e fondi librari di una certa consistenza e "vitalità", cosiddette "Poli bibliotecari". Il modello di gestione è quello per obiettivi, mitigato da una certa considerazione concessa all'impegno individuale e di gruppo anche in assenza di risultati.

I Poli attualmente sono sette, costituiti in base ad esigenze logistiche: per esempio, la Biblioteca matematica è nello stesso Polo della Biblioteca di medicina per la vicinanza geografica (il nuovo Regolamento del Sistema Bibliotecario di Ateneo, approvato dagli Organi accademici ma non ancora in vigore, prevede cinque grandi biblioteche divise per area disciplinare); il personale afferisce al Polo e quindi svolge il suo lavoro per lo più in una sede abituale e almeno una volta la settimana in altre strutture del Polo; il Polo è gestito da un Coordinatore, che è direttore delle singole biblioteche e contemporaneamente dovrebbe perdisporre progetti di sviluppo e avere un ruolo rilevante nella formazione delle decisioni a livello centrale.

Il Coordinatore centrale sovrintende alla realizzazione dei programmi ed al raggiungimento degli obiettivi del sistema Bibliotecario di Ateneo ed esplica un'attività di “coordinamento, programmazione e valutazione nei confronti del personale bibliotecario e di sorveglianza sul buon funzionamento delle strutture”.

Il Progetto ha introdotto nell'Ateneo fiorentino un'organizzazione per gruppi di lavoro, sia livello di Ateneo che a livello di Polo: da una parte ci sono i gruppi permanenti, in cui cambiano annualmente i partecipanti (una certa percentuale di persone esperte nel ramo deve però rimanere, per garantire continuità e istruzione ai nuovi entrati) ma l'obiettivo è l'erogazione di un servizio essenziale e stabile (lo sviluppo delle raccolte o il prestito, ad esempio); dall'altra ci sono i gruppi ad hoc, che sono temporanei e legati ad un obiettivo contingente, come il recupero entro tempi brevi di un arretrato o la realizzazione di una sala a scaffale aperto; ciascun gruppo di lavoro è composto da volontari e da un referente, una figura cui si tende ancora oggi ad attribuire autorità gerarchica ma in realtà con funzioni di mero raccordo.
Ogni referente e ogni coordinatore è tenuto, ovviamente, ad operare un monitoraggio e a presentare periodicamente una relazione sull'andamento del progetto, individuando le cause degli eventuali scostamenti e proponendo soluzioni alternative.

E' necessario ricordare che questo progetto di riorganizzazione è stato inaugurato sotto i buoni auspici delle forze sindacali, con cui l'Amministrazione siglò a suo tempo un accordo sostanzialmente sulla stessa linea e senza il quale difficilmente si sarebbero potute superare le difficoltà legate all'esistenza di un mansionario che non prevedeva affatto la mobilità del personale fra sedi diverse e la flessibilità nel tipo di lavoro, contrattate in cambio di un incentivo economico.
Il Progetto ha coinvolto attivamente la maggior parte dei bibliotecari, condicio sine qua non per la sua effettiva applicazione.

Ovviamente, si sono verificate nel corso di questi anni alcune storture e l'obiettivo è stato mancato laddove il processo di cambiamento si è fermato a metà per la resistenza del personale, talvolta incapace di mettersi in discussione e aggiornarsi professionalmente, o, viceversa, quando si è interpretato il progetto di riorganizzazione come occasione di rivalsa e di rovesciamento cieco dei ruoli senza tener conto del bagaglio culturale e di esperienza di lavoro maturata da ciascun bibliotecario in un determinato campo.

Rimangono punti ancora particolarmente critici: la doppia velocità dei Poli nell'applicazione del Progetto nelle biblioteche; l'incapacità di molti a lavorare in gruppo; la mancanza di una cultura dell'organizzazione diversa da quella dei burocrati (per molti è ancora preferibile svolgere un lavoro di cui si è perso il significato e ubbidire ad un capo gerarchico che indichi il da farsi piuttosto che sentirsi responsabili dell'organizzazione della propria attività lavorativa e partecipare alle decisioni con contributi personali); l'individuazione di indicatori validi e strumenti statistici affidabili per alcuni settori; la conflittualità nuova causata talora dall'interazione fra gruppi di lavoro di Ateneo e funzioni svolte a livello di singola biblioteca, altre volte dalla competizione fra chi mal interpreta lo spirito di continuo superamento delle proprie prestazioni e dell'efficienza del proprio Polo, confrontandosi a torto con i colleghi o rappresentandosi un'inesistente gara fra Poli; l'impossibilità di distribuire incentivi economici adeguati all'impegno profuso e ai risultati ottenuti da ciascuno; il rischio intrinseco alla gestione per budget dell'Ateneo di monetizzare tutto senza permettere salti di qualità e uno sviluppo coerente dell'intero sistema bibliotecario.

Concludendo, il Progetto ha una natura dinamica ed è in continua sperimentazione: ogni anno vengono perciò individuati nuovi obiettivi, sulla base della valutazione dei risultati raggiunti nell'anno precedente e sempre nell'ottica del miglioramento costante dei servizi al pubblico.


Copyright AIB 1999-04-13, ultimo aggiornamento 1999-04-28 a cura di Gabriele Gatti e Vanni Bertini
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/toscana/vannuc98.htm

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