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"Biblioteche pubbliche e biblioteche universitarie in Danimarca e Svezia: sintesi e immagini da un viaggio"
Incontro-Seminario

L'automazione dei servizi nelle biblioteche danesi e svedesi

Giovanni Capodaglio, Polo Bibliotecario Linguistico Università di Padova


Ci sono 2 modi per cercare un libro o un'informazione in biblioteca: cercare negli scaffali se i libri hanno una collocazione classificata oppure trovare a catalogo (cercando per materia, per soggetto o per autore e titolo) la collocazione di ciò che si vuole. Per riporre un libro al posto basta vedere la segnatura e andare allo scaffale e rimettere il libro nella posizione giusta. In una biblioteca che fa dai 300 mila a un milione di prestiti all'anno (senza contare le consultazioni) in città con 200 mila abitanti (Malmoe, Linkoping) significa che in media ogni cittadino (posto che tutti gli abitanti vadano in biblioteca) deve compiere trovare il libro nel posto giusto da una volta e mezzo a 5 volte all'anno o, più realisticamente, che alcuni cittadini lo faranno da 20 a un centinaio di volte all'anno, altri da una a poco più d'una volta l'anno. Se ciascuno di questi dovesse chiedere informazioni su dove si trova una collocazione, lo staff non avrebbe pace. Per questo non solo la disposizione di libri e scaffali e la segnaletica sono molto curate, ma sono state realizzati software per gli utenti che, inserita la collocazione, mostrano nella pianta della biblioteca lo scaffale in cui si trova il libro.

La biblioteca invece dovrebbe rimettere a posto da 300 mila a un milione di libri all'anno, cioè da 1000 a 3.300 circa al giorno. Se ci sono 10 addetti a questo compito, ciascuno deve mettere a posto da 30 a 100 mila libri all'anno, cioè da 150 a 500 libri al giorno (per ogni giorno lavorativo), senza contare i libri letti in biblioteca e che ci sono giorni e ore di punta e giorni e ore di stanca.

Non solo, i bibliotecari dovrebbero svolgere da 1000 a 3300 operazioni di prestito più da 1000 a 3300 operazioni di scarico al giorno. Lascio perdere tutti i numeri che scaturirebbero se si esaminassero le operazioni accessorie (prenotazioni, solleciti, ecc.) che sono collegate al servizio di prestito.

È chiaro che, con questi numeri, se la biblioteca non vuole appiattirsi sulla movimentazione dei volumi deve trovare delle soluzioni. Ho visto una biblioteca in a Bologna nella quale i libri vengono prelevati e risistemati meccanicamente. Ma il sistema non funziona bene e richiede investimenti esagerati, non solo, l'utente non può visionare i libri se non quando li ha scelti via computer e ottenuti in consultazione.

I sistemi che abbiamo visto in Danimarca e Svezia, in parte già illustrati dalle foto nell'intervento di Marilena Cortesini e Laura Frigerio, che mostrerò tra poco con un filmato intervengono nei punti della catena che sono più facilmente gestibili: self service per la ricerca del volume, per il prestito e per la restituzione. distribuzione automatizzata dei resi su carrelli ordinati per collocazione. Ai bibliotecari non resta che portare il carrello nella zona della biblioteca in cui vanno ricollocati i libri e rimetterli a posto a mano. Se il prestito self service copre il 90%, come succede, dei prestiti totali è chiaro che la riduzione del lavoro per la biblioteca è decisiva. Ma perché ciò accada bisogna che l'operazione di prestito sia estremamente semplice per l'utente, altrimenti succede come nelle nostre biblioteche, nelle quali si fanno quelle quantità di prestiti, e cioè che la quota dei prestiti a self service non supera il 10%: una quantità trascurabile (Sala Borsa, Vimercate, ecc.)!

Voglio aggiungere a margine che il self service non è solo un modo per rendere più efficiente la biblioteca, scaricando una parte del lavoro sulla meccanizzazione e sull'utente finale, cioè quel processo che è noto sotto il nome di Macdonaldizzazione, ma è soprattutto un modo di garantire l'aumento della qualità percepita del servizio, che si traduce nella soddisfazione dell'utente, che, a sua volta, è dovuta non solo e non principalmente al fatto che il personale è gentile e disponibile, ma al fatto che si è messi nella condizione di trovare con facilità quello che si cerca e di poterlo consultare o portare via; in secondo luogo al fatto che non si è costretti, se non lo si vuole e se non è necessario, a interagire necessariamente col personale della biblioteca. Non è secondario ai fini della realizzazione della qualità togliere di mezzo una quantità di operazioni ripetitive a carico del personale e nelle quali è anche facile commettere errori. Gli umani raramente riescono a essere precisi se devono ripetere decine di volte di seguito operazioni semplici. Le macchine invece sono quasi perfette. Credo quindi che sia decisivo, anche ai fini della qualità, togliere una fonte di stress per il personale com'è quella di fare una quantità esagerata di operazioni minute che richiedono attenzione e precisione.

Mi resta da dire che non c'è niente di iper innovativo (salvo forse il robot che riordina i libri resi) in quello che vedremo tra poco: abbiamo strips magnetiche e codici a barre, che sono ben note a tutti. Un collega danese cui ho chiesto se pensava di passare alle strips a radiofrequenza, mi ha risposto che non ne vedeva la necessità, visto che riusciva a ottenere lo stesso risultato con i sistemi tradizionali, visto anche che le strips a radiofrequenza hanno ancora un costo elevato. In realtà le strip a Radiofrequenza garantiscono qualcosa di più, per esempio la ricerca e recupero di libri fuori posto e la revisione inventariale senza movimentare i volumi.


Copyright AIB 2006-07-02, ultimo aggiornamento 2006-07-02 a cura di Giovanna Frigimelica
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/s050610/capodaglio.htm


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