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"15. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
dal costo al valore

Valutare il servizio: per un bilancio sociale dei servizi bibliotecari

Carlo Federici, Dirigente della Struttura Biblioteche e Sistemi documentari della Regione Lombardia


Molti anni fa, quando cominciai a sbirciare all'interno della Fondazione Querini Stampalia, fui colpito da due aspetti del suo assetto organizzativo: il primo riguardava l'accesso alla Biblioteca ove, per una impostazione che definirei istituzionale, il pubblico era ammesso nelle ore in cui le altre biblioteche, di norma, erano chiuse. Essa era pertanto aperta di sera, nei giorni festivi, e questa mi parve subito una condizione magnifica, del tutto inusitata, capace però di schiudere orizzonti inopinati giacché consentiva a chi normalmente ne era escluso di accedere alla biblioteca.
Il secondo aspetto era l'esternalizzazione di cui la Querini fu certamente uno dei precursori.
Dell'apertura estesa ai giorni festivi, alle ore serali e notturne continuo a essere un fiero paladino. Ho anche cercato di esportarla, anzi di importarla, in Regione Lombardia ma non ho avuto un grande successo, nonostante il tentativo di alimentare, con specifici contributi, tali aperture. La montagna - o per meglio dire, la "collina" - ha partorito un topolino. Le domande sono state poche e in maggioranza per una surrettizia estensione degli orari di apertura. Sicché abbiamo deciso che, prima di riproporre queste forme di "promozione della lettura", attenderemo tempi migliori.
L'esternalizzazione invece, che pure a suo tempo mi aveva entusiasmato, oggi comincia a ingenerare qualche perplessità, e non solo in chi vi sta parlando. Ma in questa sede sono stato chiamato a rendere testimonianza delle mie esperienze e mi trovo pertanto costretto a fare appello alla vostra pazienza pregandovi di accompagnarmi per una breve passeggiata nei viottoli delle mie recenti vicissitudini.
Quando, come accennavo prima, sbirciavo, attraversandone velocemente le sale, la vita della Querini, e in particolare della biblioteca, il mio principale interesse era per la conservazione del materiale librario. Guardavo dunque alla pubblica lettura e ai suoi problemi con grande curiosità ma anche con il distacco di chi era certo che, di quelle cose, mai e poi mai si sarebbe occupato. Sono trascorsi pochi anni e, disgrazia prima, fortuna poi, hanno voluto che proprio quello, e solo quello, diventasse il mio lavoro in Regione Lombardia.
Uno dei primi doni che la sorte, indubbiamente benigna, mi riservò fu quello di gestire i risultati di un lungo lavoro sui profili professionali e di competenza degli operatori di biblioteca. Senza fare alcuno sforzo, raccoglievo i frutti di un albero che altri aveva seminato, curato e fatto crescere. Da una ragguardevole massa di dati derivati da ricerche e inchieste, fu quindi un gioco da ragazzi trarre i tre profili professionali, quello di bibliotecario, di direttore di biblioteca e coordinatore di sistema, e cinque profili di competenza, bibliotecario catalogatore, conservatore, esperto della sezione ragazzi, esperto dei servizi di reference ed esperto di servizi multimediali, che si configurano come una sorta di specializzazioni del bibliotecario di base.
Non mi soffermo su questo argomento, ampiamente trattato nel Convegno delle Stelline di quest'anno. Tengo solo a sottolineare che i profili vennero approvati dalla Giunta Regionale lombarda la quale, per prima in Italia, ne fece oggetto di uno specifico atto di indirizzo. In buona sostanza ciò sta a significare che la Regione Lombardia faceva proprio - invitando gli enti collegati, Province e Comuni, a fare altrettanto - il concetto che la biblioteca deve essere guidata da un bibliotecario pleno iure, un operatore laureato, appositamente formato per svolgere questa professione. Va da sé che l'inquadramento amministrativo di questo professionista deve essere consequenziale: nessuno pensa di inquadrare un medico laureato o un avvocato laureato, chiamati a svolgere le funzioni di medico o di avvocato, in una pubblica istituzione come, che so, "istruttore amministrativo di livello B", tanto per fare un esempio molto lontano dalla realtà (i numerosi bibliotecari presenti, attualmente collocati in tale qualifica, avranno la bontà di perdonare il mio sarcasmo).
Ma qual è il nesso con l'esternalizzazione e con le perplessità che, in misura sempre maggiore, essa suscita in molti di noi? Quando mi occupavo di conservazione frequentavo poco o punto AIB-CUR, la lista di discussione dei bibliotecari italiani, nella quale i temi della prevenzione e del restauro sono trattati molto marginalmente e assai di rado. Anche la mia personale adesione all'Associazione Italiana Biblioteche era più formale che di sostanza visto che in essa il ruolo fondamentale era, ed è, svolto dai bibliotecari che operano nelle biblioteche pubbliche.
Da Milano, anche ex officio, ho iniziato a frequentare ambedue scoprendo mondi particolarmente stimolanti. La scorsa settimana, ad esempio, ho partecipato a un incontro della Sezione lombarda dell'AIB sui temi della professionalità e della esternalizzazione dei servizi durante il quale ho capito che quest'ultima non serve tanto a risparmiare, quanto piuttosto a spendere meno. La differenza non è da poco poiché chi risparmia sa qual è la qualità del prodotto che vuole avere e fa di tutto poiché questa non diminuisca; chi vuole solo spendere meno, trascura la qualità, poiché il suo obiettivo primario è quello di ridurre drasticamente le uscite.
Su questo concetto l'apologo raccontato stamani da Giorgio Busetto sulla sedia è stato illuminante; non credo quindi che ci sia necessità di insistere o ribadire.
Sempre la scorsa settimana, durante il seminario dell'AIB lombarda, mentre ascoltavo diversi interventi mi veniva fatto di pensare a cosa si esternalizza nei settori "forti", negli ospedali ad esempio. Non credo sia un mistero che si deleghino all'esterno le pulizie, magari la preparazione dei pasti; non certamente le diagnosi, non le terapie, tanto meno gli interventi chirurgici. Quelli restano saldamente in mano ai professionisti della medicina. Lo stesso credo dovrebbe avvenire nelle biblioteche, per evitare – come testimoniava proprio nella sede del seminario lombardo, il dirigente di alcune biblioteche milanesi – che la cooperativa, incaricata della catalogazione, debba ad un certo punto fare formazione per i bibliotecari di ruolo che non riescono più a orientarsi con il nuovo prodotto adottato dalla "loro" biblioteca.
Accennavo dianzi alla lista di discussione, AIB-CUR. Da essa ho tratto un paio di testimonianze che probabilmente saranno state lette dalla gran parte dei presenti ma che, ciò nonostante, mi sembra opportuno riproporre in questa sede, almeno nei loro punti salienti. Si tratta di testimonianze di parte, con tutti i pregi e i difetti delle espressioni partigiane appunto.
La prima viene da un operatore "atipico" (in realtà sempre più "tipico") di Sala Borsa, la nuova biblioteca pubblica bolognese che sta facendo crollare tutti i precedenti record in fatto di affluenza e di servizi resi a un pubblico sempre più ampio e sempre più eterogeneo. Una biblioteca pubblica che conosciamo e, da utenti, non possiamo che apprezzare.

Ma di cosa si lamentano questi giovani mestatori che osano incrinare la bella vetrina della biblioteca migliore del mondo? Chi ha orecchie per intendere intende: i "ragazzi", le "ragazze" di Sala Borsa non sono studentelli alle prime armi che arrotondano la paghetta di papà. La media dell'età è più verso i trent' anni che i venti; è gente che ha studiato, che conosce la biblioteca, che ha una vita familiare. Lavoratori come tutti gli altri insomma, che in tre anni hanno acquisito una professionalità. I responsabili comunali questo lo sanno benissimo tant'è che tendono a fidelizzarci. Le direttrici delle singole sezioni della biblioteca pretendono di avere a disposizione una selezione stabile di ausiliari, sempre gli stessi, che conoscono il lavoro e ogni angolo della sezione, malleabili e affidabili factotum. Un momento fai l'interprete con l'utente straniero, un momento dopo corri a fare le pulizie d'emergenza perché qualcuno ha rovesciato il caffè sulle scale, un attimo prima registri i prestiti e indirizzi gli utenti, un attimo dopo spolveri e fai il facchino di libri e mobilio. Prima aiuti lo studente a trovare il testo d'esame e ricollochi i volumi fuori posto, poi ti prendi cura dell'utente borderline che sta diventando molesto e così via. Pare proprio che alla dirigenza di Sala Borsa non importi niente del fatto che gli ausiliari vengano inquadrati con i brandelli di un contratto nazionale inadatto e non abbiano alcun riconoscimento professionale. Lavoriamo in un luogo prestigioso, dove la cultura trasuda da ogni colonna: mica pretenderemo anche un contratto adeguato al nostro mansionario e i diritti sindacali? Ringraziare e sorridere. Altrimenti aria.
Le seconda testimonianza è resa da una bibliotecaria (dovrei dire ex-bibliotecaria) della mia regione di adozione e a lei lascio la parola.
Gentili colleghi, sto per lasciare il lavoro di bibliotecario dopo dieci anni di servizio appassionato per trasferirmi tramite mobilità in un altro Ente, in un'altra città. È una scelta maturata con molta sofferenza e che, dopo mesi di silenzio, voglio condividere con questa ultima mail. Ringrazio innanzi tutto tutti coloro che in questi mesi mi hanno sostenuto e coloro che mi hanno dato preziosi suggerimenti, soprattutto saluto tutti i colleghi del Sistema Bibliotecario di Rozzano, perché grazie a loro il lavoro svolto qui è stato più bello. Lasciare il mestiere di bibliotecario dopo averlo ardentemente voluto e scelto è difficile ma nel mio caso necessario. Voglio brevemente riassumervi le ragioni di questa scelta perché nell'attuale quadro normativo potrebbe capitare a chiunque di voi ciò che è capitato a noi cioè a me e al mio collega. Un anno fa la nostra amministrazione ha espresso l'ipotesi di esternalizzare la gestione della biblioteca e di ricollocare il personale, due unità, presso altri servizi. Quando ho appreso la notizia mi è crollato il mondo addosso e mi sono rivolta immediatamente ai sindacati per capire se era davvero possibile, nonostante fossi diventata bibliotecaria a seguito di concorso come assistente tecnico di biblioteca, ex sesta qualifica funzionale, spostarmi da un ufficio all'altro ed esternalizzare la biblioteca. Purtroppo, per come si sono messe le cose, vedi le ultime modifiche al 113 e 113 bis a seguito della sentenza della Corte Costituzionale (la famosa 272), l'Ente può quasi tutto. Nel frattempo, visto il clima creatosi, io e il collega abbiamo cercato altre soluzioni lavorative, tramite mobilità, scoprendo realtà del mondo bibliotecario da brivido. Il risultato è che a distanza di un anno il nostro Ente ha espletato una gara per la gestione della biblioteca tramite una ditta esterna. In teoria invece noi dovremmo venire assegnati ad un altro servizio o ufficio ma la nostra buona stella ci sta risparmiando questo passaggio doloroso: non mi attira null'altro che la biblioteca nel Comune. Alcuni giorni dopo l'aggiudicazione alla ditta è sopraggiunta la richiesta di mobilità verso un altro ente, non più Comune, per me e il mio collega. Fine della storia. Auguro a tutti i colleghi bibliotecari di enti locali che i futuri contratti prevedano maggiori tutele e riconoscimenti per coloro che operano nelle biblioteche e anche perché, dopo anni di lavoro svolto con passione e professionalità, è molto doloroso vedersi costretti a fare altro. Chiedo alla segreteria tecnica di cancellarmi dalla lista da lunedì prossimo, anche se continuerò a seguirvi con il mio account personale
Non credo ci sia molto da aggiungere dopo aver ascoltato queste testimonianze. Prima di ringraziarvi per la vostra cortese attenzione, non resta che domandarmi, e domandare a voi tutti, quali siano i veri valori e quali gli autentici costi della biblioteca.


Copyright AIB 2005-08-09, ultimo aggiornamento 2005-10-02 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay15/federici04.htm


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