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"15. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
dal costo al valore

Valutare il servizio: per un bilancio sociale dei servizi bibliotecari

Anna Maria Mandillo, Istituto Centrale per il Catalogo Unico


Vorrei prendere lo spunto per il mio intervento dal congresso dell'AIE (Associazione italiana editori), che si è svolto a Roma nel mese di settembre 2004 per dibattere, come "Stati generali dell'editoria", sul tema "più lettura, più cultura, più Paese". L'incontro è stata una buona occasione per delineare un quadro della società italiana riguardo allo stato dell'istruzione, dell'editoria, della diffusione della lettura, tutti argomenti che interessano da vicino anche il mondo delle biblioteche.

Alcuni dati statistici raccolti nel libro bianco, distribuito ai partecipanti al convegno, come "materiali per una discussione", richiamati perciò spesso dai relatori nei loro interventi compongono, se si guardano tutti insieme, una sorta di foto istantanea di una parte del nostro Paese. [1]
Sono dati per altro noti perché quasi tutti di fonte pubblica, derivati dai rilevamenti periodici e dalle indagini mirate dell'ISTAT, della stessa AIE e di altri enti specializzati, ma la loro aggregazione genera indubbiamente una sensazione di spiacevole sorpresa perché offre un quadro non molto consolante sugli indici di lettura, sul livello di alfabetizzazione, sulla situazione dell'editoria in Italia.
Se aggiungiamo poi ai rilevamenti statistici raccolti nella pubblicazione dell'AIE le tabelle ISTAT relative alla popolazione italiana suddivisa per titoli di studio, il numero delle opere pubblicate nel 2002-2003 ed infine le tabelle, derivate dall'Anagrafe delle biblioteche curata dall'Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche (ICCU), sulla distribuzione delle biblioteche in Italia, sulla consistenza del loro patrimonio bibliografico, non c'è bisogno di spendere molte parole di commento. Basta leggerle in allegato a questo intervento, perché parlano da sole ed offrono indubbiamente motivi di riflessione anche al nostro incontro. [2]

Dopo queste premesse sembra difficile rispondere alle domande poste dagli organizzatori del Seminario Vinay ai partecipanti alla tavola rotonda conclusiva.
Ma quale è lo stato reale delle biblioteche in Italia? Una risposta ci viene da una recente pubblicazione di Paolo Traniello sulla storia delle biblioteche in Italia. [3] Questa opera offre una lucida sintesi di molti anni di dibattito sulla situazione delle biblioteche italiane. Condivisibile l'analisi che l'autore fa della realtà bibliotecaria dai tempi dell'unità d'Italia ad oggi, riproponendo alcuni aspetti critici, e mettendo in rilievo luci ed ombre delle biblioteche (più ombre che luci):

Da ciò deriva che le biblioteche pubbliche statali (Ministero per i Beni e le Attività Culturali), le biblioteche delle Università, quelle di Ente locale e le scolastiche appaiono non elementi di un sistema, ma organismi non comunicanti, tranne nel caso dell'esperienza positiva di collaborazione di molte di queste biblioteche nel Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN).
Inoltre, su questo insieme, scarsi sono sempre stati gli strumenti di valutazione dell'organizzazione e dei servizi in termini di costi/benefici.
Del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nel testo, si lamenta la burocratizzazione eccessiva e la non chiara assunzione di responsabilità dei compiti nazionali propri di un'amministrazione centrale, e per quanto riguarda le biblioteche pubbliche statali si mette in luce, ancora una volta: Ultima disomogeneità rilevata dall'autore è quella dell'utenza, composta prevalentemente da studenti, utenza che non riesce, per la debolezza o inesistenza delle biblioteche scolastiche e per le carenze strutturali delle biblioteche universitarie, ad usufruire di un servizio adeguato. In una situazione così fatta nascono gli "utenti impropri": accade infatti che il pubblico delle scolastiche si riversa sulle biblioteche di ente locale, quello delle universitarie sulle biblioteche pubbliche statali e chi alla fine viene danneggiato è l'"utente proprio" delle biblioteche pubbliche statali, cioè lo studioso ed il ricercatore.

Ma allora, di fronte al quadro della situazione culturale italiana e dell'analisi della realtà bibliotecaria, filtrata dall'opera di Traniello, le risposte alle domande della tavola rotonda dovrebbero essere improntate al pessimismo: non sembra opportuno continuare ad impegnare ed a sollecitare risorse economiche per strutture che non incidono, se non marginalmente, sulla crescita sociale e culturale degli italiani e per le quali difficili sono le valutazioni in termini di costi/benefici.
Ma le domande, chiaramente, sono paradossali. Altrimenti non avremmo aderito ad un seminario intitolato ad AngelaVinay proprio per decretare la morte delle biblioteche, quando tutti ricordiamo con rimpianto il suo impegno e la sua passione per farle invece vivere e progredire.
Quindi accettiamo la provocazione e, di fronte alle oggettive difficoltà che incontriamo sul nostro cammino, raccogliamo la sfida, che accomuna ormai da molti anni le biblioteche in tutti i Paesi: come mantenere, o riconquistare, il proprio ruolo nella società dell'informazione
Ruolo culturale e sociale che non è cambiato, ma che per mantenersi a livelli di qualità nell'opera di conservazione, documentazione e diffusione delle conoscenze e di mediazione tra le molteplici fonti di informazione e gli utenti, deve evolversi e potenziarsi con l'impiego ottimale delle risorse (umane, finanziarie, tecnologiche), degli strumenti politici e normativi disponibili o auspicabili, La sfida, ovviamente, non si raccoglie in solitudine, ma si affronta in cooperazione .
Le biblioteche già conoscono il valore della cooperazione, ma questa va rafforzata ed estesa a molte componenti della società. Di fronte alla situazione culturale sconfortante che i dati statistici ci hanno mostrato c'è bisogno di alleanze ampie con diversi partner per affrontare le difficoltà e rispondere uniti in particolare ai segnali negativi che vengono dal mondo politico.
Dal convegno degli editori, ad esempio, un aspetto è emerso preoccupante, ma che non sorprende più di tanto i bibliotecari: la scarsa attenzione dei politici, e del governo in particolare, ai problemi di fondo che riguardano complessivamente lo sviluppo culturale del nostro Paese. Disattenzione e superficialità sono emerse nelle parole dei Ministri intervenuti: soprattutto ha sorpreso con il suo intervento estemporaneo il Ministro per i Beni Culturali Urbani, criticato poi duramente da molti organi di stampa, per non aver trattato con la dovuta attenzione argomenti importanti, come la sempre rinviata legge per il libro e l'editoria, i problemi della tutela del diritto d'autore da una parte e quelli, dall'altra, dell'accesso garantito, anche mediante le biblioteche, alle informazioni e ai documenti.

Di fronte a queste realtà negative diventa sempre più necessario ed urgente riflettere sulle strade da percorrere, sulle iniziative da intraprendere, sulle scelte da condividere per tentare di raggiungere obiettivi duraturi nel tempo.
Prima di tutto un'alleanza va rafforzata con il mondo della scuola, scuola di ogni ordine e grado (a partire dalla scuola dell'obbligo), praticando forme di accordo, di progettazione comune, continue e regolari. Non sono sufficienti i progetti ad effetto, buoni per illuminare per un attimo la scena ed attirare l'attenzione dei media. Potrei ricordare diverse iniziative delle passate legislature ed anche della presente: le valigie dei libri sugli scuolabus, ieri, la rivitalizzazione dei classici in dieci città, oggi, con il coinvolgimento di scuole, cittadini ed illustri conferenzieri. Tutte cose che passano in fretta, vivono sui quotidiani un certo numero di giorni e poi sono abbandonate, senza che nessuno si preoccupi di fare bilanci sui risultati.

Nell'ambito della scuola e dell'educazione più in generale le biblioteche, a mio parere, dovrebbero attivamente partecipare ai piani di lifelong learning attivati a seguito delle azioni intraprese a livello comunitario dopo la diffusione della Comunicazione della Commissione europea del 2001, dove dell'educazione permanente viene data un'ampia definizione:
"qualsiasi attività di apprendimento avviata in qualsiasi momento della vita, volta a migliorare le conoscenze, le capacità, e le competenze in una prospettiva personale, civica, sociale, e/o occupazionale".
Anche EBLIDA (European bureau of library, information and documentation associations), l'organismo voluto dalle Associazioni di biblioteche europee per stabilire rapporti con gli organismi dell'UE, nei suoi interventi indirizzati alla Commissione Europea ed ai Ministri della Cultura ha messo più volte in evidenza come le biblioteche possano accompagnare con successo la scuola e le altre istituzioni pubbliche nello sviluppo dei programmi di educazione permanente.
In ogni Paese infatti dovrebbero funzionare strutture adeguate per la realizzazione di questo obiettivo. In Italia le iniziative dovrebbero svilupparsi in Centri territoriali di livello regionale che, allo stato attuale, rischiano di essere congelati per i tagli dei bilanci. Ma se il lavoro continuerà, programmi ed attività potranno essere realizzati dalle istituzioni con il contributo di scuole e biblioteche.
L'importanza dell'educazione permanente e del coinvolgimento degli adulti nel processo educativo è messo fortemente in rilievo da Tullio De Mauro nella sua appassionata intervista su "La cultura degli italiani". [4]
Avere in Italia un' alta percentuale di persone, come si legge nelle statistiche prima citate,con una insufficiente comprensione alfabetica rischia di produrre effetti dannosi di arretratezza culturale sia a livello familiare con conseguenze per i giovani che, oltre la scuola, avrebbero bisogno di un
Tullio De Mauro ricorda le parole di Romano Prodi ad un convegno dell'Unione industriali dell'Emilia, le stesse parole ripetute all'inaugurazione del congresso nazionale dell'Associazione Italiana Biblioteche, a Rimini nel 1992, e che sono poi diventate uno slogan provocatorio del professore per sottolineare la centralità del livello di istruzione dei cittadini': "Non possiamo essere ricchi e ignoranti per più di due generazioni"
Ora, a distanza di oltre dieci anni, non siamo più ricchi, restiamo solo ignoranti.

La cooperazione tra istituzioni deve riguardare anche altri soggetti:
si devono stabilire, a mio parere, rapporti duraturi ed improntati al rispetto reciproco con autori ed editori.
Per ottenere questo credo che sia necessario uscire dallo stato di conflittualità nel quale le biblioteche si trovano a partire dall'emanazione della L.248/2000, che condiziona i servizi al pubblico delle biblioteche con l'introduzione del limite delle fotocopie e con l'istituzione dell'equo compenso per il diritto d'autore. E' urgente quindi, a mio parere, trovare con questi partner la via dell'alleanza, anche affrontando confronti aspri, se necessari.
Un obiettivo comune, che rischia sempre di allontanarsi è, ad esempio, quello di ottenere normative adeguate per la promozione del libro, al cui interno possano essere risolte anche le questioni del diritto d'autore. Nell'UE su alcuni punti fermi ormai non si torna indietro: molte direttive su diversi aspetti del diritto d'autore stabiliscono per l'uso dei prodotti (soprattutto digitali off-line ed on-line) l'istituzione dell'equo compenso e la pratica degli accordi e delle licenze.
A questo nuovo scenario non mi sembra che le biblioteche italiane siano sufficientemente preparate, e quindi è più che mai utile il dibattito al loro interno e d il confronto con gli editori.
La vicenda del compenso per il diritto di prestito è stato un altro banco di prova per le biblioteche. Speriamo che si possa trovare una positiva soluzione per fronteggiare la procedura d'infrazione attivata dall'UE contro i Paesi (tra i quali l'Italia) che non versano il compenso per il diritto di prestito nelle biblioteche pubbliche. All'ipotesi che siano gli utenti delle biblioteche a pagare il compenso per il diritto di prestito sono fortemente contrari sia i bibliotecari sia gli amministratori di biblioteche: deve perciò guadagnare consensi nel Consiglio dei Ministri (ed in particolare nel Ministero dell'Eeconomia) la proposta di istituire un fondo nazionale per il prestito, finanziato dallo Stato con il contributo delle Regioni.

Infine è importante, per dare nuova vita alle biblioteche e aprire loro spazi adeguati nella società dell'informazione, saper cogliere le opportunità derivanti dalle molteplici iniziative comunitarie, soprattutto quelle che ruotano intorno alle istituzioni della memoria, cioè agli archivi, ai musei, alle biblioteche.
Dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 1998 che definiva le biblioteche "uno dei maggiori sistemi organizzati per l'accesso all'informazione e alla cultura" e raccomandava a tutti gli Stati membri di adottare adeguati provvedimenti per il loro sviluppo, molti sono stati gli interventi collocati all'interno dei programmi per la società dell'informazione e caratterizzati da un forte contenuto tecnologico.
Gli sviluppi più recenti sono incentrati nel piano d'azione eEurope per lo sviluppo di una economia basata sulla conoscenza e con l'obiettivo di fare dell'informazione lo strumento dello sviluppo economico e culturale. In particolare, riguardo alle istituzioni della memoria, appare chiara la volontà di concentrare gli sforzi su progetti che favoriscano l'uso delle tecnologie per la conservazione del patrimonio culturale allo scopo di valorizzarlo, di diffonderne la conoscenza a fini educativi, e di creare le condizioni per una ricaduta economica positiva.
Alcuni obiettivi politici generali, lanciati da eEurope e sanciti da alcune risoluzioni del Consiglio Europeo riguardano la creazione di una identità europea, senza distruggere le identità locali, alla quale anzi contribuiscono le comunità locali e le loro istituzioni della memoria. Infatti la memoria locale ed il patrimonio sono il contenuto culturale attorno al quale si debbono sviluppare progetti che realizzino servizi innovativi.
Si tratta per le biblioteche di cogliere queste opportunità. Soprattutto l'affermazione della biblioteca quale luogo di conservazione della memoria e di diffusione della conoscenza, mediante servizi innovativi, deve interessare un Paese come l'Italia, che non manca di memorie da conservare e da far conoscere a tutti i livelli, sia locale, sia nazionale, sia europeo.
Nello specifico i progetti dovranno:

Nel concludere su queste possibilità di rivitalizzazione, vorrei tuttavia fare una riflessione sulla necessità prioritaria, prima di rincorrere allettanti prospettive di innovazione tecnologica, di consolidare le realtà esistenti e di assicurare con queste servizi regolari e di qualità controllando il gradimento degli utenti e valutando realmente i risultati ottenuti.

[1] Dalla domanda di lettura alla domanda di cultura. Materiali per una discussione a cura dell'Ufficio studi dell'Associazione italiana editori. Milano, AIE, 2004.
[2] Le tabelle statistiche sono disponibili nella versione cartacea degli atti.
[3] Paolo Traniello, Storia delle biblioteche in Italia. Dall'unità a oggi. Bologna, Società editrice il Mulino, 2002
[4] Tullio De Mauro, La cultura degli Italiani a cura di Francesco Erbani. Bari, Laterza, 2004


Copyright AIB 2005-08-09, ultimo aggiornamento 2005-10-05 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay15/mandillo04.htm


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