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"16. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
attività e passività culturali

Beni culturali, cultura, sviluppo

Luigi Contegiacomo, Presidente della Sezione Veneto dell'Associazione Nazionale Archivistica Italiana


Dovrei sentirmi un po' un pesce fuor d'acqua tra tanti bibliotecari. In realtà non mi sento un pesce fuor d'acqua, perché ho scoperto esser presente qualche archivista e perché molti di voi sono anche archivisti, visto che molte biblioteche conservano e valorizzano gli archivi loro affidati, quindi non mi sento solo. E poi in fondo condividiamo, come archivisti e come bibliotecari, le stesse problematiche, da quelle sulla sopravvivenza - si pensi all'asfissia economica che ci sta soffocando negli ultimi tempi - a quelle, per dirne solo alcune, relative alle tecniche di conservazione dei nostri patrimoni culturali, che pur essendo diverse, presentano comunque molti punti di contatto.
Parto da quello che leggevo nell'invito: "l'attività culturale per le biblioteche è una condizione di servizio, una condizione operativa irrinunciabile": per gli archivi è la stessa cosa, anche per noi l'attività culturale è essenziale, abbiamo certamente delle finalità istituzionali prioritarie, come la conservazione e la fruizione, ma l'attività culturale è un valore aggiunto che, in qualche modo, contribuisce a far conoscere il patrimonio culturale che abbiamo e contribuisce a far sì che questo sopravviva e trovi linfa vitale (e finanziamenti), perché se noi dovessimo solo conservare, e non ci preoccupassimo di valorizzare quello che abbiamo, ci troveremmo a gestire un patrimonio culturale immenso sì, ma sconosciuto e inutilizzato.
E' impensabile che gli archivi, al pari delle biblioteche, possano essere redditizi; è una pia illusione perché siamo proprio istituzionalmente diversi dai musei e dalle gallerie, dalle grandi mostre d'arte di cui sentivo parlar prima: quelli possono teoricamente essere redditizi, anche se in realtà i costi gestionali impediscono in genere che si trasformano realmente in fonti di entrate consistenti , figurarsi noi che abbiamo un patrimonio immenso, il più grande del mondo, almeno per gli archivi, ma suppongo valga anche per quello delle biblioteche, ma che non potrà mai essere redditizio: ci saranno sempre più costi che entrate, perché è proprio nella natura stessa di questi beni culturali, la natura stessa giuridica iniziale del documento da un lato che si unisce al suo valore storico invalutabile, la natura culturale, prettamente culturale del libro dall'altra che fan sì che il target sia ben minore seppur più selezionato di quello dei musei e delle grandi mostre d'arte.

Il target nostro è molto diverso da quello di un museo, della Biennale, di una Mostra del Cinema, il nostro target è lo studioso, il ricercatore, lo studente universitario, valorizzare per noi è far sì che questo target si estenda sempre di più, soprattutto al mondo della scuola, che è un po', ne sono pienamente convinto, il nostro futuro, perché se noi riusciamo a creare la basi culturali e la sensibilità, per far apprezzare il patrimonio culturale che ha l'Italia, noi riusciremo pian piano, con pazienza, a creare un maggiore target, una maggiore utenza, quindi non a far entrare soldi nelle nostre casse, ma a far sì che i nostri archivi, le nostre biblioteche, siano sempre più frequentate, diventino sempre più essenziali per la storia, per la ricerca, per lo studio, ma anche per la cultura personale dei cittadini.
Da qualche mese il Ministero, per ottemperare all'indirizzo politico-economico attuale, ci sta tormentando con la valutazione venale del patrimonio archivistico, è un tormentone che interessa tutti gli Archivi di Stato, in quanto, secondo il dettato delle ultime leggi finanziarie, bisogna dare un valore venale ai documenti; è folle per me, perché mentre per il libro si è sempre dato un valore venale data la sua origine spesso commerciale, attribuire un valore venale, anche se nominale, a un documento è impensabile: nessuno ha mai pensato di ingressare un archivio dando un valore venale, se non naturalmente nei casi di acquisizione da privati. Noi siamo ora costretti a farlo perché così vuole la legge che considera freddamente il documento e l'archivio in quanto bene patrimoniale dello Stato.
In questo modo, dieci metri lineari di un archivio, che può essere quello notarile ottocentesco, vengono a valere quanto dieci metri lineari delle campionature delle dichiarazioni dei redditi del '900, parlando di un archivio recente, mentre un fondo medioevale o dell'età moderna vale qualcosa di più, perché ci sono dei valori, dei coefficienti che tengono conto anche dell'età: schemi comunque troppo rigidi e inapplicabili a beni culturali come i nostri; è assurdo e perfettamente inutile dare un valore venale, poiché il valore storico è incommensurabile, è quello che conta; e poi c'è un altro rischio, il fatto che questi beni demaniali, i nostri archivi, col tempo diventino beni patrimoniali, e diventino alienabili: non vorrei mai che la norma fosse stata studiata anche per questo motivo, ma siccome si vedono tanti beni immobili del demanio, che adesso vengono tranquillamente alienati da agenzie come il Patrimonio, SPA, mi chiedo, e con me se lo chiedono tanti amici e colleghi, se possa succedere anche per gli archivi.

Quello che veramente è il valore insito negli archivi, così anche nelle biblioteche e nelle raccolte librarie, invece è quello intimo, è quello legato intimamente e sin dall'origine a questo patrimonio culturale immenso ed è questo che bisogna valorizzare e difendere, e noi dobbiamo puntare tutto, secondo me, su questo.
Poco conta che si muoia di carenza economica, poco conta che abbiamo sempre meno colleghi, che la dematerializzazione di cui tanto si parla, interessi prima di tutto gli addetti ai lavori, che si stanno dematerializzando: non c'è ricambio generazionale e non ci sono concorsi, i più giovani archivisti di Stato hanno 45 anni circa, assunti speso in base alla Legge 285 del '78, e tutti siamo potenzialmente demotivati da stipendi da fame, ma continuiamo a lottare per deontologia professionale, senso del dovere e ancor più forse per amore per quel che facciamo.
Comunque, mettiamoci alle spalle questo, perché sono problemi a cui soltanto il potere politico può porre rimedio, noi dobbiamo rimboccarci le mani e fare quello che diciamo di fare, quello che possiamo fare, tenendo ben alti gli scudi, per difendere e far conoscere quello che conserviamo, il nostro grande patrimonio che è bene comune inalienabile.
La valorizzazione parte innanzi tutto da una corretta conservazione, questo è evidente e qui certamente incide la carenza economica, perché se non ci sono i soldi per una corretta conservazione, non ci sono i soldi per gli impianti di spegnimento automatici, non ci sono i soldi per rifare i locali o adeguarli alla sede ecc. L'incidenza, i tagli delle finanziarie ultime sui beni culturali, è arrivata al 50% in Italia, molti archivi hanno dovuto sospendere anche le forniture telefoniche, elettriche ecc.
Accantoniamo questo, la conservazione è certamente un fattore primario, ma dopo dobbiamo preoccuparci moltissimo della fruizione, noi dobbiamo rendere fruibile ciò che conserviamo e questo è prioritario ed essenziale per una corretta valorizzazione.

Perché sia fruibile quello che noi conserviamo, bisogna essere dotati di strumenti di corredo adeguati, dobbiamo affinare sempre di più questi strumenti, dagli inventari, alle guide generali o tematiche, o topografiche, agli indici, alle rubriche, strumenti più agili dell'inventario e di maggior diffondibilità: danno l'idea sommaria dell'archivio, una prima informazione su quello che si conserva; ricche d'immagini molto spesso, riescono ad accattivare l'interesse di un pubblico più vasto di quello che è formato di norma da studiosi e ricercatori abituali.
Questi strumenti di corredo, come li chiamiamo, sono essenziali per la fruizione, senza di quelli è difficilissimo accedere, anche ad un archivio ben ordinato, ben conservato.
A questo si aggiunge un corretto sistema informativo archivistico; recentemente proprio l'Associazione Nazionale Archivistica, per conto della direzione cultura della Regione Veneto, ha organizzato a Padova una serie d'incontri - dieci dal 4 marzo al 4 maggio - sui sistemi informativi archivistici, con una vasta se non esaustiva panoramica sui sistemi esistenti, da quelli nazionali a quelli locali, provinciali, regionali, a quelli tematici, come quello del Mart, quello per l'Architettura etc. Sono stati incontri estremamente interessanti, che hanno dato la possibilità, anche a tutti quelli che hanno partecipato, di affinare anche le proprie armi, per creare sempre più validi sistemi informativi, perché chiaramente oggi in un mondo dominato aid circuiti di internet è essenziale poter accedere in tempi rapidissima alle informazioni e quindi occorre riversare in internet guide sempre più aggiornate, sempre più al passo coi tempi.

E su questo punta molto l'Associazione Nazionale Archivistica, così come punta moltissimo sulla formazione, perché siamo convinti che il miglioramento delle condizioni dell'archivio, così come credo sia anche per le biblioteche, richieda come condizione essenziale una corretta e continua formazione del personale.
Non possiamo fermarci comunque ai sistemi di comunicazione/informazione turistici, non possiamo neanche fermarci ai sistemi informativi, che sono comunque importantissimi, né dobbiamo accontentarci di una corretta formazione/aggiornamento del personale: dobbiamo trovare sempre nuove forme di valorizzazione; le più scontate, le più nuove sono certamente le mostre, però non devono essere mostre che servono soltanto all'immagine, che servono soltanto a far investire soldi a uno sponsor, per dare immagini allo sponsor e all'istituto, devono essere mostre in grado di trasmettere qualcosa all'utenza, a chi le visita, mostre che siano in grado di accrescere la fame di cultura e di informazione e di notizie storiche da parte di chi frequenta queste mostre.
Altre iniziative sono i convegni, i seminari su cui punta certamente molto l' ANAI, puntano molto tutti gli Archivi di Stato ormai e certamente la stragrande maggioranza delle biblioteche, da quelle più piccole, comunali, a quelle più importanti.
Poi c'è la didattica, che per noi è fondamentale, ma bisogna approcciare la scuola in modo sempre più stimolante; purtroppo gli insegnanti delle scuole non hanno il tempo, spesso non hanno neanche la voglia, o l'interesse per far conoscere le fonti, per avvicinare al libro i ragazzi, allora questo compito lasciano che siamo noi a svilupparlo e a proporlo, ecco che è importante stipulare convenzioni, accordi di programma con le scuole e soprattutto progettare attività stimolanti e diversificate in base alle fasce di età.
E noi diamo loro la possibilità dell'esperienza pratica, è un po' difficile con le scuole superiori, però si riesce anche in questo. Pensiamo agli Istituti Tecnici, che hanno a loro disposizione enormi potenzialità, per quanto riguarda l'abilità di fare disegni e progetti tecnici basati sulle tante fonti di architettura che noi conserviamo: si possono stipulare convenzioni, perché noi abbiamo un'infinità di documentazione a partire da quella catastale, abbiamo un'infinità di documentazioni grafica, che gli istituti tecnici potrebbero utilizzare in mille modi, anche per lavori progettuali; a Rovigo si sta facendo, si stanno formando gruppi di lavoro su varie emergenze culturali, dal Castello di Rovigo, agli edifici storici più interessanti di Rovigo e questa, secondo me, è una carta vincente, serve a far conoscere l'archivio, serve a far conoscere la documentazione che si conserva, avvicina il mondo professionale, perché quello, finita la scuola, sarà il mondo professionale, alla ricerca.

Troppo spesso negli anni passati, 15-20 anni fa, geometri, architetti, ingegneri, ignoravano cosa fosse la ricerca storica, i docenti di architettura ci mandavano decine di studenti a fare tesine o tesi di laurea, spesso allo sbaraglio, senza fornir loro alcun indirizzo; ad un certo punto abbiamo dovuto mettere un alt e dire: "Venite qua, parliamone", non si può mandare 30 studenti al giorno, del tutto digiuni dei rudimenti della ricerca, senza programmazione, senza neanche una pianificazione della ricerca.
Questo importa moltissimo, insegnare a far ricerca, insegnare a progettare,: molte delle lezioni che l'ANAI Veneto ha organizzato in questi ultimi anni su commissione della Regione Veneto, puntano a formare in questo senso, ad insegnare come si fa un progetto, che sia un progetto per il riordino di un archivio, o per arrivare a creare una guida dell'archivio, che sia un progetto per la ristrutturazione di un archivio, o un progetto per la valorizzazione, tutto va pianificato e tutto va pensato a monte, così come ho spesso suggerito alle scuole: pianificate tutta quella che sarà la vostra attività culturale, perché altrimenti sarà sempre a macchia di leopardo.

Credo, concludendo, che giornate come questa siano importanti, proprio per lanciare delle sfide, delle proposte innovative per condividere qualcosa assieme, in questo caso tra biblioteche e archivi.


Copyright AIB 2006-09, ultimo aggiornamento 2006-10-03 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay16/contegiacomo05.htm


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