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Desiderio Chilovi

L'Archivio della Letteratura Italiana
e la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze

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AVVERTENZA

In questi giorni la benemerita Società Bibliografica Italiana chiama i suoi soci a Congresso, qui in Firenze.

Sento il dovere di parlare in questa occasione succintamente della nostra Biblioteca, agli egregi miei colleghi e ai cultori della bibliografia in generale; tanto più perchè proprio ora, si vedono pubblicamente esposti i progetti, ideati da più di quaranta architetti italiani, per dare, nelle vicinanze del Panteon di S. Croce, alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze sede più vasta e più decorosa.

Ma se questa esposizione ci affida che, oramai non sarà lontano il momento della edificazione del nuovo palazzo della Biblioteca, la Riunione della Società Bibliografica italiana ci coglie nel punto in cui alcuni lavori di ordinamento sono appena iniziati o, cosa che nelle biblioteche succede troppo di frequente, non sono ancora condotti a termine.

Di questi lavori toccherò appena. Invece in questa breve Nota mi fermerò più che altro a parlare dell'Archivio della Letteratura italiana, incominciato da me nel 1887; perchè una parte di quest'Archivio è già ordinato e pronto all'esame degli studiosi. Di più mi preme di segnalare, con vivo sentimento, alla riconoscenza pubblica coloro, che generosamente agevolarono e aiutarono, coi loro doni, questa nuova e difficile impresa.

FIRENZE, 17 Ottobre 1903.

D. CHILOVI.

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L'ARCHIVIO DELLA LETTERATURA ITALIANA E LA BIBLIOTECA NAZIONALE CENTRALE DI FIRENZE

Quando la maggior Biblioteca di Firenze, per decreto Reale del 28 Ottobre 1885, fu dichiarata Nazionale Centrale, mi parve evidente il dovere di studiare in qual modo l'istituto potesse e dovesse corrispondere al suo ufficio nuovo e supremo.

La Biblioteca era già la più importante d'Italia; poichè, alla ricchezza e singolarità del suo contenuto letterario, raccolto da Antonio Magliabechi, e successivamente accresciuto con altre cospicue librerie, e con i libri provenienti dalle soppresse corporazioni religiose, fu, con decreto del 21 Dicembre 1861, dal Re Vittorio Emanuele II, provvidamente unita ad essa anche l'insigne e ricchissima Biblioteca Palatina; biblioteca incominciata a formare da Ferdinando III di Lorena, durante il suo esilio a Salisburgo.

Ô ben facile il giudicare quanto il decreto, che definitivamente riuniva la biblioteca Magliabechiana alla Palatina, sotto il nome comune di Biblioteca Nazionale – promosso da Atto Vannucci e presentato alla firma di S. M. il Re da Francesco De Sanctis – sia stato un provvedimento considerabile e della massima importanza per il nostro Istituto.

Però, la cultura italiana ebbe il suo coronamento nella nostra Biblioteca quando, per opera precipua di Pasquale Villari, allora Segretario Generale alla Pubblica Istruzione, in forza della legge sulla stampa, fu decretato (30 giugno 1870) che un esemplare di tutte le pubblicazioni fatte nel Regno, fosse in essa depositato.

Così a questa Biblioteca veniva perennemente assicurato l'elemento più necessario alla sua esistenza: i libri che rispecchiano intieramente il pensiero moderno italiano.

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E qui, senza parlare di molti e notevoli acquisti, posteriormente fatti, per la Biblioteca; senza ricordare, come sento con animo riconoscentissimo, gli splendidi doni delle librerie Guicciardini, Nencini e di altri cittadini degnissimi; a me basta per l'argomento che tratto, porre in rilievo, che i libri vecchi e rari della Magliabechiana, uniti alle costosissime e splendide opere moderne della Palatina, aggiunti poi alle pubblicazioni italiane ricevute, da più di 30 anni, per diritto di stampa, sono stati i tre coefficienti principali, che formarono l'improvvisa e non prevedibile ricchezza e grandezza di questa nostra Biblioteca.

Per questa riunione di opere si acquista la certezza che la Biblioteca Centrale di Firenze narra consecutivamente, coi suoi documenti, e senza interruzione, l'opera sempre assidua e molte volte splendida del pensiero nazionale; e che essa custodisce la più rilevante suppellettile letteraria e scientifica che abbia l'Italia.

Una tale propizia fortuna giustifica anche l'atto di avere affidato al nostro istituto l'ufficio di Biblioteca Centrale; onde il suo benefico potere intellettuale non rimanesse chiuso entro la cerchia gloriosissima di Firenze, ma si estendesse su tutta Italia.

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Per tale sorte la nostra Biblioteca può, e deve per istituzione, soccorrere possibilmente le altre biblioteche italiane governative e municipali, e generalmente tutte le fondazioni di pubblica cultura. Ed è provvidenza giusta e necessaria. Ai giorni nostri non è più possibile che ogni singola biblioteca abbia tutto quello di cui i suoi lettori hanno bisogno. Esse devon pertanto vicendevolmente aiutarsi, e, almeno in una di esse, tra le maggiori, trovare quello che momentaneamente a loro manca. Solo con questo criterio si potranno compensare le spese attuali, e le ancora maggiori che lo Stato dovrà fare in seguito, per la Nazionale Centrale di Firenze. Ed è pure a questo criterio di essere, entro i limiti del conseguibile, utile non solo ai suoi frequentatori e alle altre biblioteche d'Italia, ma anche a coloro che vivono e studiano lontani dai centri letterari, che la Direzione della Biblioteca stessa deve sempre mirare nei suoi intendimenti e nei suoi atti.

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Non è ancora, per quanto io creda, giunto il momento opportuno per accennare o discorrere largamente del già fatto da noi in questi anni, che chiamerei di contrasti, con l'unico proposito di rendere la

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nostra Biblioteca Centrale sempre più degna del suo grado, nonostante l'insufficienza assoluta di personale, la ristrettezza non credibile dei locali, la penuria di denaro, e gli ostacoli diversissimi in ogni genere, dei quali qui è bello il tacere.

Lasciando in disparte i provvedimenti comuni e necessari all'ordinamento di qualsiasi biblioteca – e fra questi, anche prima del 1886, il più urgente, quello cioè della unificazione dei nostri Cataloghi; unificazione che non poteva essere tentata, quando da tutti indistintamente credevasi imminente il trasporto dei nostri libri ad altra più comoda e decorosa sede – toccherò solo dei provvedimenti che più premono a chi vive lontano dalla nostra biblioteca. Fra questi provvedimenti primeggia il Bollettino delle Pubblicazioni Italiane, destinato a far conoscere in Italia, e nei principali centri letterari del mondo, quello che si pensa, si escogita e si prepara da noi. Il dar notizia dei nuovi libri è, io credo, il meno che il Governo possa fare per soccorrere ed agevolare la nostra cultura, per dichiarare il grado di valore, non inglorioso, che va acquistando la mente italiana.

Questo modesto Bollettino, nato nel 1886 sotto buona stella, conseguì posto d'onore fra le altre pubblicazioni consimili, e tale, che ad una esposizione fatta a Parigi nel 1888, il nostro Bollettino, confrontato con quelli di 28 nazioni (non dico di 28 città) fa giudicato dal Relatore uno dei migliori.

Più tardi un grande bibliografo francese, parlando del Bollettino conchiudeva dicendo, che con molta giustizia si poteva affermare che il Bollettino delle Pubblicazioni italiane era forse, per il modo con cui era fatto, la migliore raccolta di bibliografia contemporanea che vi fosse nel mondo, e terminava dicendo: «Perchè non si cerca più spesso di imitarlo? (1)» Ma anche per il nostro Bollettino, la di cui pubblicazione era da me affidata al sottobibliotecario Gustavo Cini, come accade a tutte le cose umane, dovevano venire i giorni tristi. La voce della Biblioteca non fu ascoltata; e col 1901, il Bollettino, diminuito e pubblicato una sola volta al mese, principiò una Serie nuova; ben diversa dalla serie precedente.

Nè ebbe migliore fortuna la proposta da me fatta il 17 Novembre 1900 al Ministero, di ristampare in schede i titoli delle opere più importanti del nostro Bollettino, affinchè tutte le principali biblioteche d'Italia, senza alcun lavoro e senza alcuna spesa da parte loro,

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ricevessero ogni anno, per il correspettivo loro catalogo alfabetico e per quello metodico, in doppio esemplare, 3600 schede stampate, vale a dire i titoli delle pubblicazioni più notevoli e recenti, annunziate nel nostro Bollettino.

Oltre servirsene, con grande economia di tempo e di spesa, per i loro Cataloghi, esse avevano la sicurezza, che al bisogno, nella mancanza di un dato libro, potevano, da ogni dove d'Italia, chiederlo in prestito al nostro istituto.

A calcoli fatti, le biblioteche italiane avrebbero ricevuto in un anno circa 216000 schede e a questo numero aggiungendo quello delle schede da inviarsi in dono alle principali biblioteche e istituzioni scientifiche straniere, per diffondere la conoscenza dell'opere italiane, sarebbero ascese a circa 2 milioni. La spesa sarebbe stata inferiore al terzo del contributo annuale, che l'Italia paga per la stampa del Catalogo scientifico, che pubblica la Società Reale di Londra.

Questo sarebbe stato il primo avviamento ad un Catalogo cooperativo italiano: senza dubbio, il più facile, il più economico, e il più immediatamente utile! Chi ne avesse desiderio, potrà trovar su questo argomento maggiori notizie in un altro mio scritto: A proposito di una proposta americana per un Catalogo cooperativo, pubblicato l'anno scorso nella Rivista delle Biblioteche e degli Archivi.

Più volte ho anche inutilmente tentato di ottenere i pochi mezzi necessari per pubblicare un Bollettino della Musica, del quale, il materiale necessario era, ed è, già pronto per la stampa da alcuni anni. Questo secondo Bollettino, complemento naturale del primo, avrebbe giovato molto ai cultori della musica. Mi pareva che fosse, non solo utile, ma bello e glorioso per l'Italia rinnovare la notorietà, nel mondo, delle opere e composizioni musicali dei nostri grandi maestri del passato, e rendere note quelle dei viventi.

Ricordate queste cose, perchè attestano in qual modo la nostra Biblioteca intendeva di svolgere la sua azione fuori di Firenze, devo qui aggiungere che, se il nostro Bollettino, mentre reca a tutti notizia dei nuovi libri italiani ricevuti dalla Biblioteca per diritto legale, non può far menzione, come se fosse superfluo e anche inutile, di un ammasso non indifferente di Fogli volanti, e di altri stampati, che da taluni si giudicano degni del macero, ed ai quali essi danno anche il nome spregiativo di cartaccia.

Non vi è dubbio che quei fogli, considerati isolatamente, o esaminati in scarso numero, apparranno inutile ingombro in qualsiasi

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biblioteca. Ma ben altra cosa è quando essi sono moltissimi, e raggruppati per materia. La difficoltà, non piccola, per il bibliotecario sta tutta nell'avere, per raggruppar le cartaccie, un concetto chiaro e pratico; il quale lo capaciti in tal modo di dare, con semplicità e rapidità grande, una vita organica a un affastellamento disgregato e inerte di fogli stampati. Ordinandoli, si ottengono raccolte di scritti e di documenti talvolta preziosi, sempre utili, e che non si trovano altrove. Per una Biblioteca Nazionale Centrale è obbligo speciale l'avere e il conservare ordinate simili carte; perchè essa deve rappresentar, come in un archivio, tutto ciò che si pubblica. Così pure essa ha, al dire del Cutter, a differenza delle altre biblioteche, l'obbligo di possedere e formare collezioni copiosissime di Opuscoli di ogni genere; e il numero dei nostri opuscoli è già straordinario.

Per meglio persuadere il lettore su questo proposito, mi si lasci citare, fra i molti, un solo esempio.

Cosa vi è, apparentemente, di più trascurabile che quei foglietti volanti che riproducono le canzoncine che il popolo nostro canta per le vie o per i campi?... Qual'è la biblioteca che raccoglie e tiene conto, non solo delle locali, ma anche di quelle di tutta l'Italia?... Nessuna!... è cartaccia!... si butta via!...

Ma, in questi foglietti si manifesta tutta la ricca e spontanea vena poetica del popolo nostro, il quale non si sogna nè di scrivere, nè di stampare libri, come facciamo noi...

In quei fogli abbiamo le dolci e gentili canzoni, i lamenti d'amore; i canti patriottici che svegliarono sentimenti d'indipendenza e di libertà in tutti noi; l'inno di guerra delle patrie battaglie; le istorie di avventure romanzesche, di miracolose apparizioni, di truci delitti; le critiche salaci e personali; le tradizioni del lontano passato; e le aspirazioni del presente momento! Nella nostra Biblioteca di questi fogli ne conserviamo migliaia e migliaia; ma ancora non mi è stato possibile di vincere le difficoltà per continuare l'ordinamento, al quale, per poco tempo, attendeva l'egregio Dott. Salomone Morpurgo, presentemente bibliotecario a Venezia. Queste migliaia di foglietti ci faranno conoscere, meglio che nei libri, l'indole del nostro popolo; saranno un giorno documento importantissimo per la storia delle tradizioni popolari, e una miniera inesauribile della letteratura dialettale, che appunto in gran parte si rivela in quelle pagine.

Può un bibliotecario, che abbia coscienza di quello che fa, mandare alla cartiera tutti quei foglietti, che egli ha ricevuti senza

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spendere un soldo? E far questo solo perchè una persona qualunque, che mai, in vita sua, si è occupata dell'ordinamento e del fine che una biblioteca deve avere, vedendoli ammassati, e chiacchierando per chiacchierare, crede saggio consiglio spazzarli via per far posto negli scaffali? Ma dell'ordine dato a questi vari gruppi di carte volanti, e di altri lavori: Collezione Dantesca; Collezione dei ritratti; Carte geografiche; Memorie legali, ecc.; iniziati da alcuni anni, avrò occasione di discorrere prossimamente; come anche della futura Sezione delle Ricerche bibliografiche. Di questa sezione, da me ideata, che comprende tutte le Opere bibliografiche, le Notizie biografiche (più di 223000 sono in uso) il Poligrafo Gargani, del quale parla con molta dottrina, l'egregio D.r Fortunato Pintor, ora alla Biblioteca del Senato; della Raccolta di 20000 Cataloghi di librai; di quella degli Avvisi e manifesti, e del grande Catalogo di consultazione, per il quale più di 300,000 schede sono già pronte, credo che fra non molto, mi si offrirà opportuna occasione di parlare.

Intanto, a proposito delle Ricerche bibliografiche, dirò che se il Graesel, con ragione, afferma, che in genere le Biblioteche non sono uffici d'informazione scientifica (2) per chicchessia, io penso che, ai giorni nostri, presso ogni nazione, una almeno delle sue grandi biblioteche, debba assumere francamente e apertamente un tale ufficio.

Il numero spaventevole delle pubblicazioni che, presentemente si fanno da un giorno all'altro, esige provvedimenti nuovi e metodi speciali. La soluzione del così detto Problema bibliografico si impone; ed uno dei primi passi da farsi, su questo difficile e intricato sentiero, non vi ha dubbio, è quello di ordinare ad una grande biblioteca di consacrarsi e prepararsi alle Ricerche necessarie agli studiosi, e alle altre biblioteche, perchè essa deve avere il personale, i libri e il materiale bibliografico indispensabile, per poterle fare con sicurezza e rapidità. È incredibile, e tutti lo sanno, il tempo che lo studioso perde miseramente per la mancanza di facilitazioni sufficienti nel fare anche le più semplici ricerche bibliografiche; impossibile calcolare il danno, che in particolar modo può risentire uno scienziato, per non avere conosciuta, nel momento voluto, una data pubblicazione. E finalmente, è quasi incalcolabile il tempo che dannosamente si spreca nel fare, senza libri e senza un ricco e buon materiale bibliografico, simili indagini in piccole biblioteche.

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Le difficoltà da vincere, per conoscere i libri, sono presentemente talmente grandi; il bisogno così vivamente sentito, che si formano delle associazioni con l'unico fine di raccogliere indicazioni bibliografiche, di spogliare e pubblicare i titoli degli scritti sparsi negli Atti Accademici o nelle Riviste. E in tutto questo lavoro quel che sorprende maggiormente è il vedere che, alla direzione del movimento, e a capo delle varie associazioni, non si trova mai una biblioteca, come se si trattasse di affari ad essa del tutto estranei. Invece si vede all'opera, prima fra tutti, una grande Accademia, la Società Reale di Londra, oppure una Associazione bibliografica come quella di Bruselle, o un Concilium bibliographicum come quello di Berna.

Mi è caro il poter pubblicamente ricordare, che anche questa nuova Sezione, della nostra Biblioteca, ebbe un graditissimo dono.

Corrado Ricci, l'insigne scrittore di storia dell'arte, chiamato in questi giorni alla Direzione delle Regie Gallerie fiorentine, ci donava nel marzo del 1901, le numerose schede di una sua bibliografia di Libretti d'opere teatrali, compilata con l'aiuto dell'Avv. Leonida Busi.

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Ma, se per la parte che concerne gli stampati non sarebbe questo il momento di parlarne, come pure non lo sarebbe per l'ordinamento dei manoscritti, lo è invece per l'Archivio della Letteratura italiana.

È vero che mi era proposto di non parlarne per ora pubblicamente, perchè l'esperienza mi insegna che in cose di biblioteche è molto facile il criticare, anche nel modo più leggiero o estroso, quando le innovazioni non siano ancora giunte a un tal punto di esercizio da dimostrar tutta la loro utilità, persino a coloro che chiudono volentieri gli occhi per non vedere. Ora però, dopo molti anni di lavoro diligente e paziente, l'ordinamento, almeno di una parte di questo Archivio, me lo consente; perchè ha raggiunto tale entità ed importanza da offrir ampia materia di studio ai cultori delle discipline storiche e letterarie, quantunque una buona parte del lavoro fatto, non possa ancora servire al pubblico per mancanza di spazio. Cosa dolorosa a dirsi!...

Per questo sento il dovere di dirne qualche parola, non sembrandomi bastevole il cenno fuggevole dato nelle Note aggiunte alla sua traduzione italiana del Manuale del Bibliotecario del Graesel, dall'egregio dott. Arnaldo Capra, bibliotecario dell'Università di Cagliari. Di più credo sia per me doveroso indicare alla pubblica riconoscenza, almeno i nomi di coloro che efficacemente, coi doni, mi aiutarono in una impresa così nuova e ancora singolare.

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Tutti sanno che la nostra raccolta di Manoscritti è la più numerosa che possegga lo Stato italiano; e che ai manoscritti vanno naturalmente aggiunti i frammenti di scritti, gli autografi, e per i tempi a noi più vicini, i chirotipi.

Ora il manoscritto rappresenta ordinariamente un'opera pensata, meditata, e considerata dallo stesso autore, come finita; il chirotipo invece, con le sue cancellature e con le sue aggiunte fatte dall'autore stesso, sopra il libro già stampato, è qualche cosa di più che un libro qualunque, anche con glosse marginali scritte a mano da altri; è un vero e proprio manoscritto, con gli ultimi ritocchi dell'autore.

Accanto ai manoscritti e ai chirotipi, opere come ho detto esattamente disegnate e finite nella mente dell'autore, si hanno i frammenti, gli abbozzi di opere ideate, gli scritti autografi di persone, per una ragione o per l'altra saliti in rinomanza; e finalmente, come raccolta, gli epistolari di autori illustri o notevoli nelle varie discipline.

I frammenti, gli abbozzi ecc. sono considerati come opere imperfette o incompiute, eppure talvolta hanno un valore grandissimo assoluto, relativo o parziale. Non così gli autografi, che, pazientemente raccolti in collezione dagli amatori, si conservano in generale più che altro, come oggetto di mera curiosità. Il loro contenuto, tolta qualche notevole eccezione, che può essere anche rilevantissima, ha scarso valore. Essi servono più che altro a mostrare la mano di scritto e la firma di un personaggio: sono come i disegni che si serbano nelle cartelle. Là si trova disegnato, sia pure da mano maestra, il soave contorno di un bel volto di madonna; un puttino che scherza coi fiori; la gran barba fluente di un Mosè; un partito di pieghe sapientemente disposte; una mano di donzella gentile; il braccio nerboruto di un ciclope; la testa o la zampa di un cavallo, vicino ad un berrettone da granatiere, e così via dicendo.

Tutto ciò è vago, è curioso a vedersi! Ci offre una prova dell'estro, dell'abilità tecnica del disegnatore; ma non ci dà nesso educativo; non ci dà una idea della potenza completa di un artista.

L'utilità degli epistolari e dei carteggi in genere, è di per sè stessa molto evidente; e se indubbiamente essi servono a farci meglio conoscere la mente e l'animo dello scrittore, è rincrescevole il vederli andare dispersi. Il che succede troppo facilmente.

I figli conservano con una venerazione, che se non fosse ispirata da amor filiale, si direbbe talvolta esagerata, le carte, le lettere del

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padre; i tardi nepoti, le guardano già con occhio quasi indifferente, e da ultimo esse finiscono per essere ammassate o in una soffitta, o rinchiuse in una cassa nel granaio, quando ad esse non tocchi una sorte ancora peggiore. Se poi arride loro miglior fortuna, e si depositano in un luogo accessibile a tutti, è sempre cosa deplorevole il vedere che questi carteggi, che vicendevolmente si spiegano e si completano, si trovino sparsi qua e là in qualche archivio, o in biblioteche diverse, gli uni lontani dagli altri in guisa che, così staccati, non possono offrire che in modo faticoso e non sempre abbastanza sicuro, una larga ed esatta informazione delle vicende, delle molte cause estranee e degli avvenimenti, che esercitarono notevole influenza su l'animo di un grande scrittore.

Queste e simili considerazioni mi persuasero intimamente che in una delle grandi biblioteche di una nazione si dovessero raccogliere tali scritti, che ora vanno miseramente dispersi o sperduti, quantunque potrebbero con sicurezza, gettare nuova e viva luce sugli avvenimenti che andarono compiendosi nei popoli; spiegare la via seguita da essi per incivilirsi; e ricordare le grandi difficoltà incontrate e vinte, dall'uomo politico, dal letterato, dallo scienziato o dall'artista nella loro vita.

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Dirò ora poche parole intorno all'ordinamento del nostro Archivio della letteratura.

Esso è spartito in tre Sezioni.

Nella prima, che naturalmente è la più numerosa, sono disposti in appositi stipi, i Carteggi, le lettere, autografe o copiate, le minute di lettere, che possono acquistare importanza per la letteratura, la storia, le scienze e le arti; nello stesso modo che si conservano negli Archivi di Stato le carte e i documenti ufficiali, riferentisi alla storia, politica, amministrativa ed economica di un popolo.

Nella seconda, si conservano, in filze, i Frammenti manoscritti di opere inedite o non finite, gli abbozzi, i documenti, gli appunti, le schede ec. e tutte le altre scritture, che non hanno carattere di corrispondenza personale. Per dare un esempio ricorderò, che abbiamo dell'Arnaldo da Brescia di G. B. Niccolini il piano in prosa, e il primo getto in versi dell'atto primo. Notevoli sono anche dei frammenti di Terenzio Mamiani e di molti altri, in schede e in appunti.

Nella terza stanno i Chirotipi, insieme coi libri che hanno molte e importanti postille manoscritte, non dell'autore.

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Per ricordare qualche esempio recente dei chirotipi che abbiamo, citerò il Giorno (4° edizione) dell'abate Parini, con molte correzioni scritte di mano dell'autore. La storia del Vespro Siciliano di Michele Amari, in un esemplare della quarta edizione, con correzioni sue per servire alla prima edizione fiorentina. E fra i libri postillati, la Vita del Barone Bettino Ricasoli, scritta da Francesco Dall'Ongaro, e stampata a Torino dall'Unione Tipografica, nel 1860. Questo libriccino, donato a noi dal compianto senatore Sansone d'Ancona, ha molte postille dello stesso Barone. In una pagina il Dall'Ongaro descrive il Castello di Broglio, nel Chianti, e dice (pag. 13) «Splendono in una sala le lucide armi degli avi; e non giurerei che l'ultimo Bettino non abbia indossata alcuna volta, per vaghezza cavalleresca, la corazza e le gambiere del primo, pure per non perderne l'uso e per non mostrarsi degenere.» Di fronte a queste quattro righe si legge, in margine, di proprio pugno dal Barone Bettino: Verissimo.

Fra i libri postillati è venuto di recente, e per acquisto, a trovar posto un prezioso esemplare dei Canti del Leopardi, nell'edizione del 1831. Lo rende caro ad ogni italiano l'avere esso dinanzi, di mano del poeta, quell'angosciosa prefazione, di cui non vi è lettore che rimanga non profondamente commosso. E serba l'autografo lievi, ma pur avvertibili, tracce degli stadi per cui il pensiero del Poeta è passato, prima di giungere a quell'estrema espressione di sconforto.

L'ordinamento della prima Sezione che contiene i Carteggi e le Lettere è quello che più ha progredito.

Tutte le lettere, che costituiscono un carteggio speciale, si conservano possibilmente riunite. Quelle invece acquistate isolatamente, come pure le lettere di uno stesso scrittore, che si trovano sparse in altri carteggi, e collocate in stipi diversi, lo studioso potrà trovarle facilmente, seguendo le indicazioni e i rinvii degli schedari.

Ogni lettera, per maggior sicurezza nella consegna, e per comodità di chi studia, è riposta entro una copertina o camicia, stampata, sulla quale si legge il nome e cognome di chi l'ha scritta; il luogo e la data di partenza riscontrati o attribuiti; il nome della persona alla quale è diretta; la data d'ingresso e la provenienza in Biblioteca; e, se si dà il caso, si ricorda il nome del donatore. Il posto sufficiente alle indicazioni dell'argomento è lasciato, cosa questa necessaria per la speditezza delle ricerche, quando le lettere scambiatesi fra due persone, si contano a centinaia, e, come è naturale, l'argomento di queste lettere varia di frequente.

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Per dare poi più rapido ordinamento ad un così gran numero di lettere entrate in breve tempo in Biblioteca, si è per ora tralasciato di riassumere l'argomento; perchè il farlo impegna alla consecutiva lettura completa di esse.

È una descrizione che si potrà dare in seguito, almeno per quelle di cui emergerà più evidente la necessità.

Vi è intanto una bella eccezione. Il carteggio di G. P. Vieusseux (più di 28 mila lettere) dà l'argomento di ognuna; e ciò perchè la Biblioteca ebbe la fortuna di poterne affidare l'ordinamento e la descrizione ad Alessandro Carraresi, già segretario particolare del Marchese Gino Capponi; e poi editore delle Lettere dell'illustre patrizio fiorentino.

Il Carraresi conosceva intimamente gli uomini di quei tempi, e anche le cose da essi trattate; e attendendovi, con l'affetto che destano in noi i ricordi più cari degli anni passati, poteva, al bisogno, spiegare le allusioni di una lettera; riconoscere di chi era un'altra non firmata, e con tale precisione e sicurezza, che invano si sarebbe potuto pretendere da altri.

Nell'ultima pagina di ogni camicia stampata, vi è poi il posto per annotare se una lettera è stata già pubblicata o copiata, e da chi; come pure per fornire tutte le notizie illustrative della lettera stessa; per accennare con quali altre lettere, abbia relazione, e via dicendo.

Di ogni lettera si fanno per i Cataloghi dell'Archivio, due schede.

Nella prima, che è tenuta in piedi, c'è il nome di chi l'ha scritta; a chi essa è indirizzata; il luogo e la data di partenza; come pure l'indicazione del suo collocamento negli stipi.

Nella seconda scheda, di dimensione eguale, ma tenuta orizzontalmente, si legge il nome di chi l'ha ricevuta, da chi fu scritta e la data. Così si possono formare due indici; il primo, alfabetico, degli scriventi: il secondo, pure alfabetico, delle persone che hanno ricevuto le lettere.

E poichè, specialmente a motivo dei carteggi copiosi, moltissime schede di necessità si riuniscono sotto un medesimo casato, sia perchè si hanno molte lettere scritte, o molte lettere ricevute da una stessa persona, le due schede portano in alto, in angolo, l'anno, il mese e il giorno, in cui furono scritte.

In questo modo, nei due schedari, le molte lettere scritte o ricevute da una stessa persona, si possono, volendo, con rapidità ordinare cronologicamente.

Questo ordine cronologico ha non piccola importanza nelle

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ricerche fra quelle carte; perchè esso rende anche facile il rintracciare ed esaminare, le varie lettere scritte nello stesso momento da persone diverse, ed avere così le loro prime impressioni, i primi loro giudizi, sui dati di un argomento politico, letterario o artistico.

Questo ordinamento cronologico ha per me tale importanza, che ho già ideata la Tavola per mostrare graficamente, quali sono le lettere di persone diverse, possedute dalla biblioteca, e scritte nel medesimo tempo.

Esiste pure, e per il Carteggio Vieusseux è già fatta, una terza scheda in carta celeste. Su questa si serba ricordo, sempre in ordine alfabetico, delle persone delle quali nella corrispondenza si è parlato diffusamente, o se ne è dato un giudizio serio.

Di questa terza scheda, che, come ho detto, per una ragione eventuale può divenire abbastanza importante, si è già provata, in via di esperimento, la grande utilità. Ma per compilarla è necessario leggere la lettera; e quindi sarà fatta allor quando si avrà un personale sufficiente, e agio di notare sulla copertina l'oggetto di ogni singola lettera.

Detto questo, affinchè lo studioso sappia che cosa può ragionevolmente pretendere dal nostro ordinamento, aggiungerò che le registrazioni sommarie delle lettere, con le due schede principali già fatte, sono moltissime; ma mi rincresce dover ripetere che la collocazione definitiva delle lettere, è, pur troppo, da diverso tempo sospesa.

Attualmente, delle 400.000 lettere circa che abbiamo raccolte dal 1887 in poi, sono accessibili agli studiosi le 28 mila lettere del Carteggio Vieusseux, e un 15 mila lettere già collocate definitivamente in appositi stipi. Le altre, già pronte per la collocazione rimangono ordinatamente riunite; ma per il momento, non ci è dato di poterle consegnare al lettore, se non con perdita grave di tempo.

E qui credo mio dovere dichiarare che la Direzione della nostra Biblioteca, lascia ai donatori la più ampia libertà nello stabilire le condizioni, alle quali essi intendono vincolato il dono. Aggiungerò che la Biblioteca osserva scrupolosamente le condizioni concordate. Per l'esame di alcune lettere, qualche donatore vuole che non possa farsi prima di un'epoca da lui determinata; e quindi esse non sono, per il momento, ostensibili; altri donatori concedono, solo con riserva, la lettura, ma non la facoltà di copiare, almeno per ora.

La rigorosa osservanza delle norme convenute, deve ispirare molta fiducia in tutti, ed invogliare chiunque ad affidare alla nostra Biblioteca carte preziose e pregevoli; essa deve tranquillare le famiglie viventi, e la delicatezza dei donatori.

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L'Archivio sarà poi completato con una Raccolta di Epistolari italiani a stampa, posseduti dalla Biblioteca. Così lo studioso potrà più facilmente consultarli, e trovare là, molte volte stampate, le lettere o le risposte a noi mancanti, oppure altre lettere che possono servire alla migliore e più esatta intelligenza o interpetrazione di quelle già possedute da noi.

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Intanto una istituzione simile sorgeva a Berlino. Il 9 gennaio 1889, il prof. Guglielmo Dilthey, l'illustre filosofo, al quale l'Accademia delle Scienze di quella capitale affidava la pubblicazione delle Opere di Emmanuele Kant, in una pubblica conferenza, riprodotta poi nella Deutsche Rundschau, parlava della assoluta necessità di raccogliere e conservare simili carte in un Archivio della Letteratura.

La necessità di una tale istituzione era di tanta evidenza, che anche alla Camera prussiana se ne parlò, e, fra le altre cose, si discusse se l'Archivio dovesse essere una istituzione autonoma, oppure aggregata ad una grande Biblioteca.

A mio parere, non potrebbe nascere dubbio. Cotesto Archivio deve far parte di una grande Biblioteca; perchè essa sola può sempre, e sul momento, offrire coi suoi libri l'unico modo di chiarire e risolvere le mille incertezze e dubbi, che continuamente si rinnovano in chi legge lettere di tempi presenti e passati. Ma se a Berlino la Camera non prese deliberazione alcuna, nell'animo di tutti era già penetrata la convinzione d'essere un dovere di riconoscenza, e atto pietoso verso i grandi scrittori che onorarono la patria, quello di raccogliere e custodire le lettere e i documenti riferentisi ad essi, e di ordinarli in modo da agevolarne agli studiosi l'esame.

Nel 1891, si formò a Berlino una Associazione privata, presieduta da Mommsen e da K. Weinhold, il quale, per dare un nobile esempio, regalò al nascente Archivio un'importante collezione di autografi. Il posto di K. Weinhold è occupato ora dal chiarissimo prof. Erich Schmidt, al quale, debbo la cortesia di diverse notizie.

La Società berlinese, con il suo Statuto del 1892, (3) si propone di acquistare, o accettare in dono, scritti di valore storico o letterario. Essa accetta anche in deposito, e condizionatamente, dai proprietari i documenti che a loro piace di mettere a disposizione del pubblico, perchè, quantunque sia una Società privata, concede, con grande

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liberalità, a tutti gli studiosi la facoltà di consultare le carte e i documenti che a lei, al suo zelo, e alla sua attività è riuscito raccogliere.

Dopo undici anni di vita, alla fine del 1902, il sodalizio berlinese possedeva 19 mila lettere o documenti, e 680 manoscritti. Fra le carte più notevoli ed importanti vi sono quelle lasciate dallo storico Niebuhr e dal filosofo Schleiermacher.

L'Archivio, benchè sia, come ho detto, di proprietà privata, è ora custodito nella Biblioteca Reale di Berlino, ed affidato all'egregio bibliotecario D.r Meisner.

Fra l'Archivio della letteratura di Berlino, e quello fiorentino, esiste però una notevole differenza.

L'illustre prof. Dilthey, proponeva che le carte ed i documenti si ripartissero e si raccogliessero, non solo a Berlino, ma anche in altri luoghi; per esempio, nell'Archivio di Goethe, a Weimar, tutto quello che si riferiva alla grande epoca della poesia classica tedesca; nella Biblioteca di Eidelberga le carte spettanti all'umanesimo ec. Ma il disegno del prof. Dilthey non poteva avere piena esecuzione se non con il concorso diretto dello Stato. La Società, dovendo valersi solo del modesto contributo dei soci, delle loro eventuali elargizioni, era naturalmente costretta a limitarsi negli acquisti e a scegliere l'ottimo fra il molto.

Da noi invece, stabilito l'acquisto, accettato il dono, è caso rarissimo che si facciano degli scarti. A tal fine occorrerebbe un personale speciale e numeroso; e anche allora, si andrebbe incontro a mille pericoli. Nei carteggi, però, è da presupporsi che la lettera serbata per degli anni, abbia avuto, almeno per il ricevente, una relativa importanza; e in questo caso nessuno, più di lui, poteva esser giudice migliore di quello che lo riguardava, e che dovrebbe esser conservato.

D'altra parte, quale impiegato sarebbe in grado, prima di leggere, e dopo molte ricerche e studi, di giudicare, non dico della importanza effettiva o apparente, ma neanche eventuale di una lettera? Il dire, che, in considerazione dell'estensione che potrebbe prendere un simile Archivio, non limitandosi alle lettere ed ai documenti valutabili per il loro contenuto assoluto o relativo, consiglierebbe di fare una scelta rigorosa e severa, sarebbe proposta strana al pari di quella, che in un Archivio di Stato si volesse, per amore di economia e di spazio, fare fra le carte ufficiali e diplomatiche una epurazione, coll'intendimento di conservare soltanto quelle, che si giudicassero, utili ad un ricercatore qualunque, in un'epoca più o meno vicina. Questo arbitrio non può prenderselo la Biblioteca. Essa deve presentare

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al pubblico il proprio materiale, ordinato in modo che lo studioso possa facilmente consultarlo, e valersi di quello che crede di scegliere. Ma nello scartare essa deve procedere molto cauta e guardinga.

Così, per esempio, nelle 28 mila lettere di G. P. Vieusseux, che preludono il nostro risorgimento nazionale, si sapeva già, al momento dell'acquisto, che l'illustre editore aveva tolte tutte le lettere puramente commerciali o di nessuna importanza. Fatto da lui stesso quello scarto, chi avrebbe osato ordinarne un secondo? Con quale criterio? Devo poi ricordare che la Società berlinese stampa annualmente una Relazione di quello che ha fatto e dell'incremento dell'Archivio; ma la Relazione, è riservata unicamente ai suoi soci; e ciò è increscevole. Un'altra importante disposizione è quella che lo statuto della Società accorda alla Presidenza la facoltà di far fare il Catalogo, e al bisogno di pubblicarlo, delle lettere di scrittori tedeschi, possedute dai privati, oppure conservate in piccoli archivi, od uffici meno conosciuti.

Un simile provvedimento sarebbe utilissimo anche in Italia. Quanto sarebbe giovevole ai nostri studi, quanto conferirebbe al maggior decoro d'Italia, avere indicazioni precise intorno alle lettere scritte dai più insigni letterati del Rinascimento, che si trovano ora sparse nelle nostre pubbliche biblioteche, oppure giacciono in collezioni private?

*

Nel 1887, in seguito a non brevi trattative, mi si offrì l'occasione di por mano, su larga base, all'effettuazione dell'Archivio della letteratura italiana.

Il carteggio di Gian Pietro Vieusseux ne fu, se così posso dire, la prima pietra. Trattai e ne conseguii l'acquisto, e contemporaneamente, col cortese aiuto del compianto prof. Giuseppe Domengé, chiesi ed ottenni in dono dagli eredi, il carteggio dell'editore Felice Le Monnier. Il possesso poi dell'archivio teatrale di Alessandro Lanari accrebbe in quei giorni il primo fondo di documenti illustrativi di un periodo importante del nostro risorgimento. – Così l'Archivio era fondato.

L'importanza del carteggio Vieusseux è evidente a coloro che conoscono quanta parte egli abbia avuto nel movimento letterario e politico italiano. Contiene circa 28000 lettere, già ordinate e accessibili al pubblico, scritte al Vieusseux dagli uomini più celebri o più notevoli del suo tempo. A questo carteggio va unita una grandissima quantità di carte e documenti, in gran parte sconosciuti, intorno agli avvenimenti d'Italia dal 1819 al 1863; e al graduale svolgimento

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del pensiero italiano in quel periodo di tempo. In questo carteggio hanno grande interesse la corrispondenza che servì per la compilazione dell'Antologia, del Giornale Agrario, e dell'Archivio storico italiano. I documenti, invece, si riferiscono alla rivoluzione del 1821; all'assedio di Venezia del 1848; alla fondazione degli asili infantili in Italia; ai Congressi degli scienziati, ec.

Il Carteggio di Felice Le Monnier si compone di circa 8,000 lettere autografe di illustri italiani contemporanei. Chi conosce l'importanza della raccolta di opere, da lui pubblicate nella sua Biblioteca Nazionale, può giudicare il valore di questo carteggio per gli studi letterari; e tanto più, quando si consideri che oltre le lettere suindicate, si ebbe in dono anche il copia lettere del benemerito editore. In tal modo questa corrispondenza è bilateralmente completa. Dalle nobili signore Anna Protonotari Zanetti e Luisa Protonotari Campi, e dal conte Zanetti, la biblioteca ebbe, nel 1901, in dono 8000 lettere. Questo carteggio contiene la corrispondenza dei collaboratori della Nuova Antologia coi direttori professore Francesco Protonotari, fondatore della Rivista, e col fratello suo, conte Giuseppe Protonotari Campi, che a lui successe nel 1888. Le lettere, come ognuno sa, sono degli scrittori più rinomati che fiorirono in Italia in quegli anni.

Coi carteggi del Vieusseux, dei fratelli Protonotari e di Felice Le Monnier, si ha dal 1820 fino a tutto il secolo scorso, una serie continua di notizie non conosciute, e utilissime alla storia letteraria, artistica e politica d'Italia.

È vero, che per avere un chiaro ed esatto quadro del movimento letterario in Toscana e nel resto d'Italia, prima e durante il periodo del nostro risorgimento politico, manca ancora la corrispondenza d'un altro, meritissimo editore italiano, Gaspare Barbèra. Ma nell'animo mio è sempre viva la speranza, che un giorno i figli vorranno che le carte di lui, trovino sede onorata presso quelle di Gian Pietro Vieusseux e di Felice Le Monnier.

L'Archivio teatrale Lanari fu acquistato il 31 luglio 1887. Ci dà notizie importanti per i teatri italiani in generale e per quello fiorentino in particolare, dal 1822 al 1844. La celebre impresa teatrale era in corrispondenza con tutti i migliori maestri di musica, artisti di canto, autori ed attori drammatici.

Nelle 66 grosse filze, oltre una collezione ricchissima di autografi, vi sono le minute della corrispondenza tenuta dallo stesso Alessandro Lanari; e le carte più importanti della sua amministrazione teatrale. Le liti, i litigi, i conflitti, gli accorgimenti e la diplomazia tra gli

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artisti e gli impresari interessano, specialmente in oggi, gli studiosi degli uomini e dei tempi. Giulio Piccini (Jarro) ha pubblicato un brioso studio sui documenti e le lettere che costituiscono l'archivio della impresa teatrale Alessandro Lanari e C., col titolo «Memorie di un impresario fiorentino».

Dagli eredi di Alessandro Ademollo si acquistarono 50 filze di documenti, e di studi diversi, intorno alla storia del teatro, di cui l'Ademollo fu valente cultore, e dei quali è ottimo commentario il carteggio di lui, che si aggira quasi tutto su questo prediletto suo argomento.

Credo di dovere subito avvertire che non parlo degli Epistolari, già posseduti dalla Biblioteca nostra, prima della fondazione dell'Archivio della letteratura italiana; nè della ricca collezione di autografi fatta dal Gonnelli. Vorrei, continuando questa sommaria enumerazione, lasciare nei lettori memoria di tutto quello che potrà esser utile ai loro studi.

Di Emmanuele Repetti l'Archivio possiede le schede adoperate per la compilazione del Dizionario Geografico della Toscana. Di lui abbiamo anche le lettere scrittegli dallo storico Carlo Troya. E perchè le lettere originali del Repetti al Troya ci mancavano, e si trovavano nella Biblioteca Nazionale di Napoli, furono da me fatte copiare.

Questa corrispondenza tratta dell'origine delle famiglie italiane, e in alcune lettere si parla anche dei Malaspina, e per incidenza anche dell'Alighieri.

Di Pietro Cironi, pratese, oltre il suo carteggio, il nostro Archivio possiede un pregevolissimo Diario politico, che va dal 1836 al 1862, scritto in quattordici volumi, con sei altri volumi di documenti.

Argomenti di vive polemiche li troviamo anche nelle 1000 e più lettere dirette a un altro patriotta, Giuseppe Guerzoni, capitano garibaldino, artista, pubblicista, deputato e, da ultimo professore di letteratura italiana, che ebbe occasione di corrispondere e frequentare un gran numero di valentissimi uomini, che presero parte al nostro rivolgimento. In queste lettere si parla anche della spedizione garibaldina in Polonia e di una, progettata, in Oriente.

Citerò poi le lettere del conte Festi e di Giovanni a Prato, Trentini, sui fortunosi anni 1848-49, e le lunghe e inutili pratiche per conseguire al Trentino l'autonomia amministrativa; la Relazione dell'illustre generale Orazio Dogliotti sulla campagna del Trentino del 1866, donataci dalla vedova signora Giuseppina Denina; e la corrispondenza d'un altro illustre Trentino, di Giuseppe Canestrini,

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pregevole anche per le lettere di Adolfo Thiers; corrispondenza questa regalataci dall'Avv. Temistocle Pampaloni.

Alla liberalità della egregia signorina Caprile e dei signori Astraudi, eredi dell'Avvocato Tommaso Corsi, dobbiamo 15 mila lettere d'insigni o notevoli personaggi, coi quali egli ebbe corrispondenza, come avvocato, come grande patriotta, come deputato, e ministro.

Un'altro importante carteggio è quello del cav. Donato Brillandi, segretario al Ministero degli Esteri, sotto Leopoldo II di Toscana. Sono le lettere dell'avo materno dell'egregio bibliotecario dottor Giulio Puliti, lasciate in ricordo alla nostra Biblioteca, quando fu trasferito a quella Braidense.

Rinnuovo i miei ringraziamenti alla signorina Aspasia Mignaty per il dono fattoci nel 1896 di 2000 lettere di illustri italiani e stranieri, scritte alla madre, la signora Margherita Albana Mignaty, nata a Corfù, recatasi nell'India, e vissuta molti anni in Firenze. Se si ricorda che l'illustre scrittrice corrispondeva col Daily-News, dal 1859 al 1866, non occorre altro commento alla loro importanza. Di lei abbiamo anche la vita di Santa Caterina da Siena. Del padre della signorina Mignaty, Giorgio, di Cefalonia, egregio pittore, ci donò 402 lettere, direttegli da uomini illustri in onore del suo merito.

Un centinaio di lettere di scienziati valentissimi, ci furono regalate dall'illustre Emilio Bechi, professore di chimica, con altre a lui dirette: da Luigi Volpicelli, 350 lettere di astronomi, fisici, matematici italiani e stranieri. Antonio Micheli, eminente botanico, descrive in alcune delle sue numerose schede, con semplicità e vivezza, non poche piante; e così di Giovanni, Ottaviano e Antonio Targioni Tozzetti abbiamo un copioso contributo di notizie scientifiche, dal 1750 al 1850.

La famiglia del compianto Alarico Carli, interprete fedele del desiderio di lui, volle che fosse depositata la sua corrispondenza col principe Baldassarre Boncompagni (1854-1890), composta di circa 6000 lettere, per la massima parte scritte da Enrico Narducci, bibliotecario di Roma, e segretario del principe. Generosamente ci furono poi donate dagli eredi del principe Boncompagni tutte le lettere scritte da Alarico Carli, le quali per la massima parte trattano di bibliografia matematica.

Nella Biblioteca pistoiese, raccolta da Rossi Cassigoli, e acquistata dalla nostra, lo studioso troverà 4500 lettere di illustri Pistoiesi.

La Biblioteca ha anche ricevuto in dono quattro grosse filze di lettere dell'Ab. Francesco Fontani, bibliotecario, dal 1783 al 1818, della Riccardiana. Dottissimo latinista e grecista, tenne viva

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corrispondenza con gli eruditi del suo tempo. Fu egli che dispose l'animo del granduca Ferdinando III ad acquistare, salvandoli da certa sperdizione, i Manoscritti Galileiani; che ora sono tesoro inestimabile della nostra Biblioteca.

Di Giuseppe Palagi, segretario del Consiglio Provinciale di Firenze, erudito conoscitore di cose artistiche, e accurato raccoglitore di cose curiose ed apprezzabili, abbiamo numerose lettere di artisti antichi e moderni, relative a Firenze, e molti studi, e ricerche documentate, fatte da lui. Una lettera di Carlo V corona questa sua collezione.

Fra i benemeriti devo pure ricordare il libraio antiquario Ulisse Franchi, donatore, alla biblioteca nostra, d'una parte della sua corrispondenza con illustri personaggi.

L'egregio prof. Raffaele Fornaciari ci porgeva, con riverenza di affetto verso il padre Luigi, 2249 lettere relative quasi tutte a questioni filologiche, scritte a lui da valorosi contemporanei.

Nel carteggio, acquistato, di Pietro Fraticelli, vi sono 580 lettere a lui dirette da più di 100 distinti letterati del suo tempo; le quali, in grandissima parte versano su cose Dantesche, e sono un bel corredo alla nostra Collezione di manoscritti e stampati sull'Alighieri.

Il prof. Guido Mazzoni, che, anche in passato, si mostrò premurosissimo per la nostra biblioteca ed esaminò, insieme con il prof. Emilio Teza, la ricchissima Miscellanea Capretta (40 mila opuscoli), acquistata dalla nostra biblioteca, si interpose, di recente, presso le signore Mina Ferrai Turazza e Eugenia Ferrai per farci avere in dono tutte le lettere e i manoscritti di Fortunata Sulgher Fantastici e di Massimina Fantastici Rosellini, lodate scrittrici: carte venute in loro possesso dopo la morte degli illustri loro congiunti professori Eugenio e Luigi Alberto Ferrai.

Di Giuseppe Bianchetti, autore dello Scrittore italiano; Dei Lettori e Parlatori e della Giulia Francardi, siamo in possesso di otto volumi di lettere scritte da lui stesso, dal 1816 al 1871, ad insigni personaggi del suo tempo: al Giordani, ad Alessandro Manzoni, al Tommaseo e ad altri. Queste lettere sono la copia di quelle spedite: ma sono scritte dallo stesso Bianchetti.

Il giorno solenne della inaugurazione del monumento a Bettino Ricasoli in Firenze, il degno nipote Barone Giovanni Ricasoli-Filidolfi, donava al nostro Archivio le carte appartenenti all'Abate Raffaele Lambruschini. Quegli scritti e quelle lettere furono salvati dalla dispersione dall'illustre Barone Bettino Ricasoli; e a nuovo onore dell'illustre avo, volle restituirli all'insegnamento pubblico. Così si potrà

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meglio conoscere e stimare l'opera dell'agricoltore, dell'economista, dell'eloquente e forbito educatore del popolo. Questo carteggio fu già ordinato e descritto dal cav. Giuseppe Baccini; il quale cura con intelligenza e amore tutto l'Archivio, affidato all'egregio Conservatore dei Manoscritti, cav. B. Podestà.

Quando si pensa alla attività del Conte Angelo De Gubernatis, dell'autore di Fibra, e alla diversità dell'esercizio, sempre alto e geniale, della sua vita letteraria in Italia e per tutto il mondo, è facile immaginarsi l'importanza universale dei doni da lui fatti al nostro Archivio.

Oltre le notizie dei suoi viaggi, specialmente in Ungheria e nell'India, ci ha donato numerosissimi autografi d'illustri italiani e stranieri, ora morti, che ebbero con lui corrispondenza attiva anche dai paesi più lontani. Di più egli ha ceduto alla biblioteca oltre 2000 manoscritti originali di molti poeti esteri, e di non pochi appassionati cultori delle dottrine dantesche, da essi inviati alla Tribuna Beatrice. L'argomento che tratto non mi permette di ricordare altre sue benemerenze verso la nostra biblioteca, per le quali anche Firenze gli deve riconoscenza.

Il nostro Archivio, oltre il carteggio, conserva gli spogli filologici di Pietro Fanfani, fatti da lui nel periodo che corre dal 1843 al 1848, delle opere classiche ch'egli andava leggendo e studiando. Sono contenuti in 300 quinterni, rilegati in sette volumi. Il primo, porta una avvertenza su di essi, nella quale dichiara che fino al quinterno 27 lo spoglio fu fatto «come Dio vuole!», e termina con queste parole: «O dunque tutti gli altri quinterni sono un oro?... Non istò pagatore degli errori che vi possono essere trovati... alle corte, è roba non digerita, ma utile, utilissima e per me, e per chi sapesse usarla anche così, senza ripulitura.» Egli, come è naturale, previde che non sarebbero mancati gli spigolatori ed i ripulitori.

Alla Biblioteca furono dall'erudito comm. Costantino Arlia donati i lavori, che ne' diversi dialetti d'Italia furono fatti dai Maestri elementari sul libretto di Pietro Fanfani: Una Casa fiorentina da vendere: lavori, che dovean servire a un libro, affin di unificare il linguaggio domestico, secondo i principii propugnati dal Manzoni nella sua celebre relazione sull'Unità della lingua, e che ora possono essere utili ai compilatori de' dizionarii dialettali.

Gli eredi di Niccolò Barabino, per cura, non mai abbastanza apprezzata, dell'avv. Clearco Freccia, ci hanno arricchito dei manoscritti e di parecchie lettere dirette, al celebre pittore genovese, da illustri personaggi. Vi è anche un dialogo tra artisti scritto su schede.

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Accennerò ad un episodio commovente della sua vita. Poco dopo alla sua morte, avvenuta il 19 ottobre 1891, giunse a mia notizia che durante i suoi viaggi egli indirizzasse ad una gentile signorina tedesca delle lettere, nelle quali erano riprodotte le impressioni artistiche di cui via via era colpito. Scrissi alla signorina pregandola di voler donare alla nostra Biblioteca qualcuna di quelle lettere... Ma la mia lettera non ebbe risposta...

Passarono otto anni, e nel 1899 vidi arrivare in biblioteca una persona con una scatola di truciolo in mano. Sul coperchio di essa erano scritte, in italiano, con inchiostro queste parole:

Lettere di Niccolò Barabino
Professore
––––––––––––––––––––
dono alla Biblioteca Nazionale
Centrale a Firenze
tutto di pugno del Compianto
ed illustre Artista
    Stuttgart . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giulia
4 Ottobre 1896.                                                                                        

Si volle che firmassi, su di un foglio, la ricevuta di questa scatola, per attestare così all'esecutore testamentario, che l'ultima volontà di Giulia de Lienhardt, morta l'11 Agosto 1899, era stata adempiuta.

Firmai, ed aperta la scatola, con non poca sorpresa, trovai tutta la corrispondenza del prof. Barabino con lei, dal 1875 al 1889, ordinata cronologicamente, diversi appunti e ricordi, e fra gli altri i loro ritratti. L'occhio mio si posò su di un pezzo di carta scritta a matita, il 5 dicembre 1896, e lessi poche parole, scritte in tedesco: «Se dovessi morire improvvisamente, senza poter parlare, voglio che il mio capo posi su questo guanciale, sul quale, morto, riposò Barabino.» Dell'arte, io credo, che molto più di quello che si suppone, si troverà nell'esplorare, mi si passi l'espressione, questa nostra miniera di lettere e di documenti.

È naturale che in questa rapida enumerazione non ricordi molte benemerite persone che di qualche lettera importante, o di qualche documento prezioso vollero arricchire il nostro Archivio, il quale sempre più incontra il favore degli studiosi; e sempre più rapidamente aumenta...

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Gli argomenti trattati dalla mente di Niccolò Tommaseo sono tanto numerosi e varî che i loro titoli basterebbero a dare l'indice a questo archivio. Per questo, e per la riverenza che sento per il Grande Dalmata, chiudo questa enumerazione ricordando le carte di lui, quasi compendio sinteticamente intellettuale, di quanto contiene questo Archivio delle lettere, delle scienze, dell'arte e... delle proprietà del cuore dell'uomo! La donazione dei suoi manoscritti, delle opere complete in tutte le edizioni, nelle quali videro la luce; di tutte le sue lettere e di tutti i libri da lui postillati, la dobbiamo all'unica sua figlia. Il carteggio copiosissimo comprende le lettere scritte a Niccolò Tommaseo, spesso accompagnate dalla risposta copiata; esse ascendono a 56657.

Niccolò Tommaseo dice nel suo Dizionario estetico: «Non c'è scritti che io più desideri vedere stampati, delle lettere degli uomini chiari per le doti dell'animo e dell'ingegno: chè quivi s'apre il campo allo studio de' tempi. In questo aspetto anche le lettere mediocri acquistano morale e storico significato.» Quando egli scriveva queste parole non poteva pensare che un giorno la sua diletta figliuola, Suor Chiara delle figlie di San Francesco di Assisi, mossa da pietà filiale, avrebbe generosamente donato tutta la somma delle opere di lui al nostro Archivio della Letteratura perchè gli studiosi compulsandone la corrispondenza, applicassero il suo insegnamento a scrutare l'indole degli uomini.


(1) Stein, Manuel de Bibliographie. Paris, 1898, pag. 31.

(2) Handbuch der Bibliothekslehre, 2 Aufl., Leipzig, 1903, pag. 439.

(3) Satzungen der Litteraturarchiv-Gesellschaft zu Berlin, 1892.


Fonte: Chilovi, Desiderio. L'Archivio della letteratura italiana e la Biblioteca nazionale centrale di Firenze. Firenze: R. Bemporad e figlio, 1903. 28 p.
La spaziatura dei segni di punteggiatura e le virgolette sono state regolarizzate e le note sono state numerate progressivamente. Sono stati corretti i seguenti refusi: "dicendo;" invece di "dicendo:" a p. 9 riga 27; "granatiare" invece di "granatiere" a p. 14 riga 29; "io" invece di "in" a p. 15 riga 8; "occorerebbe" invece di "occorrerebbe" a p. 20 riga 23; "Viesseux" per "Vieusseux" a p. 21 riga 4; "e," invece di "e" a p. 23 riga 2; "6000," invece di "6000" a p. 24 riga 30; "grandisima" invece di "grandissima" a p. 25 riga 18; inoltre a p. 17 riga 36 è stata reintegrata la parola "il" prima di "giorno", non impressa probabilmente per un incidente tecnico.
Non è stata riportata la pubblicità di un altro opuscolo di Chilovi (La scuola rurale, la sua biblioteca e le biblioteche provinciali, 2ª edizione, 1902) che compare a p. [29].


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