«Bibliotime», anno I, numero 3 (novembre 1998)


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Stefania Fabri

Il libro lo difendo io...



I due cervelli che leggono

Lo ha spiegato molto bene Dan Simmons nella prefazione ai suoi due romanzi di fantascienza su Hyperion, ci sono due "cervelli" che leggono. Simmons è insieme autore di fantascienza e di horror ma si ritiene, a ragione, uno scrittore tout court: "A volte nei romanzi mescolo elementi fantascientifici a elementi terrorizzanti, dell'orrore: in questi casi mi diverto a immaginare il funzionamento della mia testa. Se mi facessero un tracciato cerebrale mentre sono all'opera (con uno di quei sistemi tipo risonanza cerebrale, che oltretutto permettono di ottenere immagini) si vedrebbe che entrano in funzione due parti molto diverse del cervello. E io ho il sospetto che anche al lettore capiti la stessa cosa" [1] .

Un meccanismo di questo tipo attraversa, secondo me, anche il nuovo modo di leggere dei giovani e la nuova letteratura che a loro piace molto: la compresenza dei due "cervelli", quello che pretende la razionale e verosimile spiegazione di tutto, l'autenticità, il dramma del vissuto, e quello che si abbandona allo stravolgimento attraverso l'irruzione dell'irrazionale puro e incontrastato. Da qui anche la preferenza attuale per le storie umoristiche attraversate da problemi drammatici, quali la malattia mentale, la morte, etc.


L'occhio scanner

De Kerckhove fa delle osservazioni interessanti sui bambini e sul loro nuovo modo di leggere. Afferma infatti che i bambini, quando leggono, non scorrono più il testo con il tipico movimento dell'occhio del lettore allenato, bensì: "buttano gli occhi sulla pagina come trasferissero la strategia visiva dallo schermo televisivo al testo" [2]. Le occhiate che vengono lanciate al testo tenderebbero a comporre un'immagine più che a una lettura sequenziale.

Quindi, mentre ci affanniamo a spiegare che non ci sono prodotti che non vanno letti sequenzialmente come i CD-ROM, i nostri lettori leggono già qualsiasi cosa in questo stesso modo.

Attraverso la realtà virtuale si cerca di emulare sempre di più il funzionamento del cervello; il desktop del computer, attualmente, non ha nulla a che vedere con il funzionamento del cervello perché ovviamente non immagazziniamo i dati in ordine alfabetico. Però tra breve ci troveremo in una bizzarra situazione: tra la logica per oggetti tridimensionali, quella per immagini piatte e quella linguistica. L'occhio scanner fa funzionare un altro emisfero cerebrale, diverso da quello previsto per il linguaggio. Che succederà ai nostri ragazzi, diventeranno afasici? I ragazzi, le cui capacità sono in evoluzione, oltre ad essere sottoposti a variazioni di accelerazione da iperspazio (spazio-tempo, categorie che saltano nell'immersione in Internet), dovranno vedersela con questi cambiamenti ed essere rimproverati in continuazione perché non rispondono come dovrebbero alle nostre sollecitazioni alfabetiche.


Il libro non ha comprensione per se stesso

Il libro nel frattempo non ha comprensione per se stesso. Il mondo del libro, gli editori, i librai, le fiere, continuano a inseguire i modelli televisivi, ormai in decomposizione da quanto sono sorpassati e inseguono pervicacemente tutto quanto è estraneo al mondo del libro. Non hanno alcuna idea di che cosa sia conservazione e tutela della lettura, che come un'opera del passato dovrebbe essere difesa e restaurata ogni tanto. Tant'è che gli editori macerano i libri i continuazione, pensate che spreco assurdo!

Bisognerebbe non solo praticare il piacere della lettura con la stessa continuità con cui i buddisti praticano quotidianamente la loro religione, ma proibire i danni e gli sprechi con decisioni categoriche: impedire una volta per tutte, per esempio, agli insegnanti di arrecare danni irreparabili ai preadolescenti e agli adolescenti consigliando letture impossibili per loro.


La biblioteca del Medioevo tecnologico

In questa epoca così pervasa più che di vera tecnologia, dei sintomi di nuova tecnologia in arrivo in dosi massicce (in realtà gli americani ci hanno rimproverato in un recente convegno a Milano che parliamo tanto ma non abbiamo che pochi computer e non siamo ancora cablati), viviamo una specie di Medioevo tecnologico, ancora rozzo e incompleto, proprio perché in piena trasformazione, e dobbiamo porgere attenzione particolare a certi processi.

Per esempio ci dobbiamo preoccupare in un senso diverso dei bambini e degli adolescenti. I loro problemi rispetto alla lettura sono molto diversi. Il lettore infantile, in un certo senso, è più protetto, può contare sulla solidarietà dello scrittore che, sottomettendosi alle sue esigenze, crea per lui (con senso materno o paterno) un universo da attraversare, una sorta di "stanza per i giochi" dove si può riconoscere e dove ha l'impressione di essere autonomo e indipendente; questo avviene anche grazie al fatto che l'infanzia è un valore da difendere per molti grandi scrittori.

Il lettore adolescente invece rifiuta il rapporto paterno e materno con la scrittura: è a caccia di ben altro: esige la parità, guai a parlargli anche sottovoce, anche sommessamente di drammi che non siano strettamente i suoi personali. L'attualità, i problemi sociali, che pure lo interessano, devono essere però strettamente legati ai problemi di un individuo che sta formando la propria personalità, e quindi ha la necessità di mettersi continuamente alla prova: la sua sensazione al momento è che la vita va vissuta come uno "sport estremo".

Però il lettore infantile a sua volta ha bisogno di più di un rapporto affettivo con il libro, che spesso le strutture pubbliche non gli consentono; da qui la necessità di biblioteche fin dalla prima infanzia, (che in Emilia-Romagna, ad esempio, sono giustamente molto sviluppate).

Gli adolescenti sono influenzati dalla tecnologia, la quale in teoria potrebbe distorglierli dalla lettura, se il leggere un libro e leggere qualche altra cosa si diversificassero eccessivamente. Anche se praticano nei confronti della tecnologia atteggiamenti ambivalenti: da una parte il sentirsi vittime ed eroi insieme di questa futura civiltà (nel modo di vestire, per esempio, portano l'idea di un mondo cupo e distruttivo che incombe) e dall'altra invece, la religione della nuova libertà via rete, che dà l'euforia dell'onnipotenza.

La biblioteca di pubblica lettura, nella sua accezione più moderna, si trova a dover affrontare questa apertura a 360° che hanno i giovani lettori stessi. Seduce tutti il mito di collegarsi a tutte le altre biblioteche, cioè la possibilità di accedere ai libri del mondo intero, il mito della très grande bibliothéque... Anche se forse sarebbe preferibile un mito meno roboante: avere ciascuno la propria micro-biblioteca portatile.

Conservando e mediando il rapporto con i libri, la nuova biblioteca dovrà preoccuparsi anche delle nuove capacità di lettura e di scrittura. Infatti c'è il rischio che le nuove tecnologie separino nettamente queste due capacità, mentre la nostra scuola tende a vederle l'una sequenziale all'altra, in maniera però deterministica e ottocentesca. Bisognerà studiare attentamente le conseguenze di questa nuova separazione, anche se non siamo più nelle condizioni del monaco amanuense, unico depositario della scrittura. La tecnologia della scrittura dentro lo sviluppo delle nuove tecnologie deve essere alla portata di tutti.

Per la prima volta dopo il Medioevo, dobbiamo preoccuparci non solo dei libri ma di alimentare la "scrittura" e la lettura insieme, come per esempio ci preoccupiamo per alcune opere di arte "contemporanea", già in qualche modo storiche, di conservare gli strumenti e le attrezzature che sono in grado di farle "funzionare" e di renderle fruibili per il pubblico.


Stefania Fabri, e-mail: sfabri@comune.roma.it

Note

[1] Dan Simmons, La mia carriera di scrittore. In Hyperion. La caduta di Hyperion. Milano, Mondadori, 1997, p. 7.

[2] Derrick De Kerckhove, La pelle della cultura. Un'indagine sulla nuova realtà elettronica, a cura di Christopher Dewdney. Genova, Costa & Nolan, 1996, p. 218.



«Bibliotime», anno I, numero 3 (novembre 1998)


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