[AIB]AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 3 (2004)

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Speciale elezioni

La crisi dell'Aib: come uscirne?

Alcune domande a Vanni Bertini, Claudio Gamba e Mauro Guerrini, designati dall'assemblea dei soci AIB della Toscana, per il Comitato Esecutivo Nazionale

Intervista a cura di Alessandro Sardelli ed Elisabetta Francioni

Dopo le dimissioni del Comitato Esecutivo Nazionale dell'Associazione molti di noi si sono chiesti che cosa fare per uscire dalla crisi. Abbiamo pensato di chiederlo in questa intervista ai tre candidati Bertini, Gamba e Guerrini.

Domanda: Nel recente dibattito è emerso come tema centrale quello della formazione, con opinioni diverse. Secondo voi, il ruolo e il compito dell'Aib dovrebbe essere quello di fare formazione diretta, al pari dei privati e delle Università? E in questo caso: formazione di base o avanzata? Oppure l'Aib dovrebbe esercitare una funzione d'indirizzo e magari di controllo e certificazione rispetto ad altri soggetti?

Vanni Bertini: Io sono un sostenitore della priorità dell'attività di certificazione e controllo, rispetto a quella della formazione diretta. Questo non significa naturalmente che l'AIB non debba fare attività di formazione. Sono anche consapevole che la situazione non è la stessa dappertutto, e che quindi si deve distinguere l'attività svolta a livello nazionale da quella a livello locale. Il discorso non si risolve in poche battute. È significativo il fatto che già qualche anno fa (1997-98, cioè nel primo CEN presieduto da Poggiali) l'AIB ha elaborato una propria linea politica sui corsi, a mio avviso di buon livello, che è misteriosamente caduta nel dimenticatoio. Eppure nasceva da un dibattito approfondito, condotto e sintetizzato da persone di esperienza e valore come Maria Luisa Ricciardi e Alberto Petrucciani. Su questo tema nei mesi scorsi l'Associazione ha rischiato di sfasciarsi. Evidentemente gli interessi in gioco (di chi ha a che fare con le aziende, di chi lavora nell'Università, di chi ambisce a gestire incarichi e docenze) sono troppi e paralizzanti. Dovremo uscirne con un dibattito approfondito e aperto, cui possa partecipare la base più ampia di soci. Un'associazione come la nostra deve avere una sua linea ben precisa in materia di formazione, chiara e condivisa, anche se non unanime.
Claudio Gamba: Il ruolo fondamentale di un'associazione professionale come l'AIB, a mio giudizio, dovrebbe essere quello di indirizzare la formazione dei bibliotecari: sia quella di accesso alla professione, sia quella di aggiornamento e riqualificazione. Ciò può essere fatto in molti modi. Anzitutto esprimendosi come "voce della professione": è l'Associazione che, meglio di ogni altro soggetto, può conoscere in tempo reale i bisogni formativi dei "suoi" professionisti (non solo gli attuali iscritti, ma anche coloro che intendono diventare bibliotecari), grazie al ruolo di collegamento tra aspetti scientifici e aspetti operativi della professione stessa. A fronte di un'autorevole posizione di questo tipo, si può pensare in futuro ad un ruolo più propriamente certificatorio nei confronti delle agenzie formative. Non escludo le attività formative dirette, con due attenzioni: la prima, che non si tratti di formazione di accesso alla professione (ruolo che compete al sistema universitario, anche nel rispetto delle direttive europee sulle professioni intellettuali); e la seconda, che le attività proposte siano legate all'attività scientifica dell'Associazione (in primis di commissioni e gruppi di studio) così da poter diventare "modelli" anche per la formazione svolta da altri soggetti.
Mauro Guerrini: Credo che in futuro occorra un titolo universitario per accedere alla carriera di bibliotecario; ritengo che la formazione spetti all'Università e ad altri enti accreditati dalle Regioni, mentre l'aggiornamento spetta a numerosi soggetti (Ministeri, Università, Regioni, ecc.). In prospettiva l'AIB, al pari di associazioni di altri Paesi, dovrebbe svolgere una funzione di certificazione. In Italia, tuttavia, la tendenza (penso a campi diversi dal nostro, come ad esempio la scuola) sembra essere quella che sia l'Università a certificare la formazione. Il problema è se l'AIB abbia adesso la forza e la credibilità per svolgere questa importante e delicatissima funzione. Ancor più: il problema è come certificare e che cosa certificare, ovvero: quali persone e con quali requisiti potranno giudicare, a nome dell'AIB, i programmi degli enti? E, soprattutto: quale modello di formazione l'AIB dovrebbe avallare? L'esperienza dimostra che stiamo trattando un tema dai mille risvolti. La certificazione, inoltre, benché necessaria, può non essere sempre un elemento di garanzia. L'ALA, ad esempio, secondo il parere di molti autorevoli bibliotecari e docenti, negli ultimi anni ha certificato corsi che poco avevano a che vedere con la biblioteconomia e ha avuto numerose contestazioni. Certificare è pertanto un'operazione complessa; ad ogni modo ritengo doveroso perseguire una strategia che porti al riconoscimento da parte degli enti del valore professionale dell'Associazione, anche come garante di standard di certificazione. Per raggiungere questo obiettivo l'AIB dovrebbe iniziare a promulgare delle linee guida sulla formazione e quindi istituire una commissione di valutazione dei corsi. Ciò che più importa è l'azione politica che la dirigenza AIB dovrebbe svolgere verso enti importanti, affinché per primi riconoscano il valore della certificazione AIB. L'AIB non dovrebbe certamente più tenere corsi di base, come pure ha svolto egregiamente in passato, quando costituiva l'unico soggetto qualificato (o uno dei pochissimi) nel settore della formazione dei bibliotecari. Credo che adesso l'AIB debba tendere a promuovere dei seminari di aggiornamento su temi di attualità - i Seminari AIB -, iniziativa che ho contribuito a fondare e di cui sono stato responsabile. Ricordo tuttavia che l'art. 3, comma c) dello Statuto recita che rientra tra le finalità dell'Associazione "la promozione e l'organizzazione, in proprio o in collaborazione con terzi, di corsi". Se pertanto la tendenza è la certificazione, ritengo che dovrebbe essere garantita alle Sezioni Regionali la piena libertà di organizzare iniziative formative adeguate ai bisogni degli iscritti locali, con l'appoggio dell'intera Associazione. Ciò rientra nelle finalità dell'attuale Statuto e nel concetto che l'AIB debba offrire servizi ai soci. I corsi di formazione e di aggiornamento sono stati in passato molto richiesti e frequentati, anche da non soci, nonché occasione importante d'incontro e di studio. Ricordo che l'Associazione ha inaugurato nel 2001 la serie editoriale AIB Formazione, il cui primo volume raccoglie di atti del Seminario AIB dal titolo Dewey: da 20 a 21 e che accoglierà presto gli atti del seminario Dewey: da 21 a 22.

Domanda: Sulla realizzazione e gestione dell'Albo professionale, tenuto dall'Aib a partire dal 1998, ci sono state molte critiche. Quale funzione e quale "valore aggiunto" dovrebbe avere l'Albo per i bibliotecari che vi s'iscrivono, in particolare per i sempre più numerosi lavoratori "atipici" o "discontinui"?

Vanni Bertini: Ho sempre ritenuto che quella dell'Albo sia un'iniziativa di grande valore, una delle più importanti realizzate dall'AIB negli ultimi anni. Tuttavia non è stata adeguatamente valorizzata, al punto che adesso il rischio è che perda prestigio e "appeal". Questo va assolutamente evitato. L'Albo deve tornare ad essere una pietra angolare dell'azione dell'AIB nei confronti delle Istituzioni, e deve essere usato per sostenere e valorizzare i valori di professionalità che in questi anni sembrano sempre meno riconosciuti. In questo senso, non credo che esso possa essere più importante per i "tipici" che per gli "atipici": il sostegno alla professionalità deve valere per tutti. Quindi l'Albo dovrebbe essere preso in considerazione come "titolo" qualificante sia all'interno della carriera pubblica, sia nei concorsi di accesso, sia nei requisiti per i contratti esterni (affidamenti, gare di appalto, ecc.).
Purtroppo attualmente sono molti i soci stessi dell'AIB che, istruendo nella loro posizione lavorativa pratiche relative a nomine, bandi, ecc. si "dimenticano" dell'Albo. Quindi è prima di tutto fra i soci che l'AIB deve diffondere la "cultura dell'Albo", se si vuole che essa poi venga trasmessa anche all'esterno.

Claudio Gamba: L'Albo è stata una intuizione giusta e lungimirante. Purtroppo gli sviluppi normativi italiani non sono stati quelli sperati, nel senso che si è fermato (e speriamo riprenda presto) il processo di riforma delle professioni, da tempo (e da diverse legislature) atteso, anche per ottemperare alle direttive europee. Deve essere chiaro a tutti che l'Albo dei bibliotecari italiani non è nato e non è fatto per creare un "ordine dei bibliotecari" (non ne avevamo la forza "politica" tanti anni fa, oggi non vi sono nemmeno le condizioni normative) quanto piuttosto per creare un "registro di professionisti certificati", cui l'Associazione possa (supportata da un riconoscimento giuridico) fornire degli attestati di competenza spendibili nel mondo del lavoro, pubblico e privato, sia in regime di dipendenza che nelle varie forme "atipiche". Il modello cui puntare è il riconoscimento di un "professionista-bibliotecario" fornito di adeguate competenze di base e tenuto al continuo aggiornamento professionale, che rappresenti la figura professionale di riferimento: ovunque c'è una biblioteca, ci deve essere "questo" bibliotecario (con il giusto riconoscimento funzionale ed economico).

Mauro Guerrini: L'AIB dovrebbe adoperarsi affinché l'appartenenza all'Albo sia requisito di garanzia professionale qualitativa e affinché l'iscrizione all'Albo sia riconosciuta dai committenti nella valutazione delle professionalità, in modo che diventi un titolo di valutazione anche per i lavoratori atipici o discontinui. Siamo consapevoli tuttavia che il tema dell'Albo presenta elementi di problematicità: alla luce della normativa europea, bisognerà seguire come verrà risolta la questione degli ordini professionali. Penso che l'AIB debba avvalersi della competenza di giuristi e soprattutto dell'Osservatorio Lavoro, che ha informazioni molto aggiornate sulla problematica.

Domanda: Altro tema caldo di discussione è il rapporto tra Aib Nazionale e Sezioni regionali per quanto riguarda gli aspetti del decentramento, dell'autonomia, della democrazia interna all'Associazione, della trasparenza di gestione, della comunicazione e informazione ai soci. Quali potrebbero essere gli strumenti e le modalità per migliorare questi aspetti e, in particolare, quale dovrebbe essere il ruolo della stampa regionale?

Vanni Bertini: Ci sono due problemi fondamentali. Il primo è quello politico: attualmente le Sezioni, per bocca dei propri Presidenti, hanno un ruolo solamente consultivo e quindi non partecipano alle decisioni relative alla politica dell'Associazione. Questa situazione deve cambiare, e io credo che siano ormai maturi i tempi per una revisione dello Statuto nella direzione di un maggior peso del Consiglio Nazionale dei Presidenti Regionali. Il secondo problema è quello organizzativo. Molte delle difficoltà di comunicazione sono dovute al fatto che la struttura di segreteria centrale non è attualmente in grado di fornire servizi sufficienti verso la periferia. La necessità di riorganizzare e potenziare la segreteria nazionale è uno degli aspetti che è stato sottolineato nelle Linee "L'AIB che vogliamo", e figura fra gli impegni che, personalmente, considererò prioritari della mia azione, nel caso in cui dovessi essere eletto. La stampa regionale può avere un ruolo importante nel dare voce e visibilità a istanze che non sempre lo ottengono, e comunque per ampliare i luoghi di dibattito. Può, cioè, essere un utile strumento di democrazia e pluralismo interno. Il suo ruolo però potrebbe meglio concretizzarsi, perseguendo una maggiore integrazione con la stampa nazionale.

Claudio Gamba: L'AIB possiede una grandissima ricchezza (che altre associazioni professionali ci invidiano) ed è l'articolazione regionale. Questo elemento - prezioso per gli aspetti di legame stretto con il territorio, che consentono di svolgere attività mirate ai propri iscritti - può diventare strategico nelle azioni di tutela e riconoscimento della professione, sia perché è necessario avere un costante monitoraggio delle situazioni locali, sia perché le regioni hanno potestà legislativa concorrente in materia di professioni, e quindi le Sezioni AIB possono diventare loro interlocutori diretti nei processi di riconoscimento professionale. Quindi la dinamica Centro-Sezioni va valorizzata, dando modo di esprimere alle Sezioni una maggior ricchezza: non solo nell'organizzazione di eventi e attività (che va comunque supportata e stimolata), ma proprio nella formazione della "linea politica" dell'Associazione. Si può pensare ad una revisione statutaria che dia maggiore spazio ai livelli decentrati, così come va data visibilità alle diverse posizioni ed opinioni, che non possono essere un "ostacolo" ma anzi una ricchezza per tutti. Proprio nella composizione e visibilità di tale dibattito, vedrei il ruolo principale dell'editoria regionale dell'AIB.

Mauro Guerrini: Credo che siano temi da discutere insieme - CEN e Sezioni (e aggiungerei Commissioni); la soluzione sarà trovata dopo il confronto. Ritengo che il CEN debba delineare una cornice di riferimento politica e professionale, con spirito di collaborazione e di sussidiarietà con le Sezioni e le Commissioni; esse - nuclei essenziali dell'Associazione - dovrebbero avere piena responsabilità nel raggiungimento degli obiettivi che si prefiggono; quindi, tanto più le decisioni sono prese al primo livello tanto meglio è. Ritengo necessario un ripensamento del ruolo della segreteria; il confronto con il modello della CILIP, l'associazione britannica, può aiutarci: rafforzare lo staff, responsabilizzare le persone su obiettivi specifici, attribuire al Segretario funzioni specifiche che ne agevolino autonomia e responsabilità e ne garantiscano l'indipendenza nella gestione amministrativa. La stampa regionale, come la stampa nazionale - "Bollettino AIB", "AIB notizie", AIB-WEB ed editoria - sono elementi strategici dell'attività dell'Associazione; la maggioranza dei soci ha un legame con l'Associazione proprio grazie alla stampa, che è la vetrina locale, nazionale ed internazionale dell'operato dell'AIB e delle biblioteche italiane.

Domanda: Un'ultima domanda, a cui vi chiediamo di rispondere con una battuta: qual è la prima cosa da fare per rafforzare la capacità di rappresentanza politica dell'Associazione, in modo da poter fare lobbying sui problemi che via via si presenteranno (tipo quelli che si sono presentati negli ultimi tempi: questione delle fotocopie, prestito a pagamento, nuova legge sul deposito legale, ecc.)?

Vanni Bertini: Se volete una battuta, è facile rispondere: la prima cosa da fare è quella di eleggere un buon CEN, che duri nel tempo e che sia consapevole dei compiti che lo aspettano; un CEN che riesca ad eleggere un presidente conscio e degno del proprio ruolo che è prima di tutto politico; un CEN che sia in grado di volare alto e di decidere la propria agenda, senza dover continuamente inseguire quella degli altri. Non sarà semplice, anche perché mi sembra che negli ultimi mesi troppi, dentro l'Associazione, e in modo particolare fra i suoi quadri, abbiano cercato di evitare la discussione sui grandi temi, preferendo concentrarsi esclusivamente sulle tematiche della "pacificazione", importanti ma prive di prospettiva. Tuttavia sono fiducioso, perché per molti altri le cose non stanno così e perché spero che, superata la "grande paura", tutti torneremo a fare quello che non avremmo mai dovuto interrompere: ossia discutere, fra di noi, di politica bibliotecaria. Quella vera.

Claudio Gamba: Con estrema sintesi (quindi senza poter spiegare) proporrei tre cose: 1) rafforzare il nostro ruolo di "associazione di professionisti", mostrandoci come una "comunità professionale" ampia, preparata e compatta; 2) sfruttare ogni occasione di visibilità pubblica, rafforzando gli organismi associativi dedicati alla comunicazione e ai rapporti con in mass media, e fornendo uno specifico supporto per questo tipo di attività anche alle sezioni regionali; 3) rilanciare - con un intervento politico forte dell'Associazione - le "Linee di politica bibliotecaria per le autonomie" (approvate a fine 2003 da Regioni, Province e Comuni) che, dopo un avvio promettente, non devono rischiare di finire in qualche cassetto, ma diventare la base di sviluppo dei servizi bibliotecari in Italia. Il tutto con l'obiettivo di rafforzare i "valori della biblioteca" in Italia, marcando una presenza continuativa a livello politico e di opinione pubblica.

Mauro Guerrini: Lavorare per un'Associazione unita e forte, un'Associazione credibile perché costituita da professionisti impegnati nel lavoro quotidiano e capaci di riflettere criticamente sul proprio operato.


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Copyright AIB 2005-01-27, ultimo aggiornamento 2005-02-06 a cura di Vanni Bertini e Nicola Benvenuti
URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/toscana/bibelot/0401/b0403g.htm


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