Lettera ai Senatori sul DL 91/2013 (Valore Cultura)

L’AIB ha inviato la seguente lettera ai Senatori della VII Commissione permanente del Senato della Repubblica, per sostenere l’approvazione, senza modifiche, del primo e del secondo comma dell’art. 4 del DL 91/2013 (Valore Cultura).

Ai membri della VII Commissione permanente
del Senato della Repubblica

Loro sedi

Oggetto: art. 4 comma 2 del DL 91/2013 (Valore cultura)

Illustre Onorevole,

con la presente mi pregio di trasmettere la posizione dell’Associazione Italiana Biblioteche a favore dell’art. 4 comma 2 del provvedimento in oggetto, recante disposizioni per l’accesso ai risultati della ricerca scientifica finanziati con risorse pubbliche. Il testo è stato concordato con il coordinatore della Commissione “Open Access” della CRUI – Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, Rettore Giuliano Volpe.
Riguardo ai numerosi emendamenti all’art. 4 presentati alla Commissione Cultura del Senato nella seduta del 10 settembre scorso, ho constatato con rammarico che, da un lato, gli emendamenti nn. 4.1 e 4.2 limiterebbero l’esenzione prevista dal primo comma dell’articolo alle sole opere letterarie escludendo inspiegabilmente altre forme di espressione artistica; dall’altro, gli emendamenti nn. 4.9, 4.10, 4.11, 4.12, 4.15, 4.16, 4.17 e 4.27, riferiti alsecondo comma dell’art. 4, contrastano con le raccomandazioni della Commissione Europea sull’accesso aperto e, qualora fossero approvati, vanificherebbero la portata innovativa della norma, deludendo le aspettative di gran parte della comunità scientifica. Perché, ad esempio, prevedere il deposito solo per gli articoli su riviste a periodicità semestrale e non per i libri e per gli annuari e le riviste con uscita annuale di un unico numero? Rammento peraltro che molte monografie scientifiche pubblicate in Italia sono a totale onere e spese degli atenei che ne pattuiscono con l’editore l’acquisto dell’intera tiratura, mentre gli autori rinunciano a qualsiasi compenso.

Raccomando pertanto il ritiro o la non approvazione dei suddetti emendamenti e, quanto ai termini entro cui assicurare il deposito, il rispetto della raccomandazione europea  che prevede il deposito “quanto prima possibile, preferibilmente subito e comunque non più di sei mesi dopo la data di pubblicazione e di dodici mesi nel caso delle pubblicazioni nell’area delle scienze sociali e umane”.

L’occasione è gradita per inviare i miei migliori saluti.

Stefano Parise
Presidente AIB

Roma, 13 settembre 2013
Prot. n. 181/2013

 

Disposizioni in materia di accesso aperto nel D.L. 91/2013: le ragioni a favore della riforma

Il secondo comma dell’art. 4 del Decreto Legge 8 agosto 2013, n. 91 (GU Serie Generale n.186 del 9-8-2013) introduce nel nostro ordinamento il principio dell’accesso aperto ai risultati della ricerca scientifica finanziata con denaro pubblico.

 Art. 4, secondo comma:

“Le  pubblicazioni  che  documentano  i  risultati  di  ricerche finanziate per una quota pari o superiore al cinquanta per cento  con fondi   pubblici,   indipendentemente   dal   formato   della   prima pubblicazione e dalle modalità della sua  distribuzione  o  messa  a disposizione del pubblico, devono essere depositate,  non  oltre  sei mesi dalla pubblicazione, in archivi elettronici istituzionali  o  di settore, predisposti in modo  tale  da garantire  l’accesso  aperto, libero e gratuito, dal luogo e nel  momento  scelti  individualmente, l’interoperabilità all’interno e all’esterno dell’Unione  Europea  e la conservazione a lungo termine in formato elettronico.  I soggetti preposti all’erogazione o alla gestione dei finanziamenti adottano le misure necessarie per l’attuazione dell’accesso aperto  ai  risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici”.

Si tratta di un risultato importante e da tempo atteso dalla comunità accademica[1], che pone l’Italia in linea con le raccomandazioni dell’Unione Europea e getta le basi per una migliore conoscenza dei risultati della ricerca italiana, senza pregiudicare la possibilità per gli editori di continuare a svolgere un ruolo nella diffusione dei prodotti della ricerca in ambito scientifico e umanistico. La norma, infatti, tutela l’interesse degli autori alla più ampia diffusione delle loro opere e afferma il diritto di tutta la comunità scientifica e del pubblico generale all’accesso gratuito e online nel più breve tempo possibile ai risultati di ricerche finanziate con fondi della collettività.

In combinato disposto con il terzo comma dello stesso articolo 4, la norma  consentirà di utilizzare più efficacemente le risorse destinate alla ricerca e alla sua documentazione, anche attraverso un forte coordinamento tra MiBAC e MIUR per l’integrazione, l’interoperabilità e la non duplicazione delle banche dati gestite nell’ambito dei due Ministeri.

Art. 4, terzo comma:

“Al fine di ottimizzare le risorse disponibili e di facilitare il reperimento e l’uso dell’informazione  culturale  e  scientifica,  il Ministero dei beni e delle attività culturali e del  turismo  ed  il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca  adottano strategie coordinate per la piena integrazione,  interoperabilità  e non duplicazione delle banche  dati  rispettivamente  gestite,  quali quelle riguardanti l’anagrafe nazionale della  ricerca,  il  deposito legale dei documenti digitali e la documentazione bibliografica”.

 

Le vie dell’accesso aperto sono economiche e sostenibili

“Definiamo l’accesso aperto come una fonte estesa del sapere umano e del patrimonio culturale che siano stati validati dalla comunità scientifica” [2].

L’accesso aperto consiste nella disponibilità in formato elettronico di pubblicazioni a carattere scientifico, raccolte di dati primari e metadati,  rappresentazioni digitali grafiche e di immagini e materiali multimediali, in almeno un archivio in linea che impieghi standard tecnici adeguati e che sia supportato e mantenuto da un’istituzione accademica, una società scientifica, un’agenzia governativa o altra organizzazione riconosciuta che persegua gli obiettivi dell’accesso aperto, della distribuzione illimitata, dell’interoperabilità e dell’archiviazione a lungo termine.

Questi contenuti devono essere corredati di licenza d’uso universale che autorizzi tutti a riprodurli distribuirli, trasmetterli e mostrarli pubblicamente per finalità di studio, ricerca, illustrazione e critica, nonché a produrre e distribuire opere da essi derivate in formato digitale, secondo le comuni pratiche della comunità scientifica per la corretta attribuzione e l’uso responsabile dei contributi resi pubblici.

Dal punto di vista operativo esistono due vie per attuare l’accesso aperto:

  • l’autoarchiviazione, effettuata dall’autore, in archivi istituzionali o disciplinari ad accesso aperto, di opere pubblicate secondo modalità tradizionali (green road). Su 1295 editori internazionali censiti dal progetto anglosassone SHERPA/ROMEO[3], il 70% consente forme di autoarchiviazione. Per la legge italiana sul diritto d’autore, questi mantiene il diritto di ripubblicazione anche immediata di articoli e contributi a opere miscellanee, salvo patto contrario. La maggior parte delle università italiane oggi dispone di archivi istituzionali ad accesso aperto ed altre li stanno attivando;
  • l’editoria open access, per cui la prima versione editoriale del contributo è pubblicata sin dall’inizio ad accesso aperto a cura dell’editore (gold road). Un numero crescente di università ed enti di ricerca che finanziano o gestiscono iniziative editoriali sta adottando il modello dell’editoria ad accesso aperto.

In entrambi i casi, con l’accesso aperto il costo della pubblicazione e le misure tecnologiche di protezione non rappresentano più una barriera alla fruizione e alla più ampia diffusione e condivisione dell’informazione scientifica. Queste barriere, che possono impedire ai produttori (autori e loro enti di riferimento) di riutilizzare e condividere i loro stessi prodotti se non sostenendo ulteriori costi[4], appaiono del tutto ingiustificate alla luce delle opportunità offerte dal progresso delle tecnologie digitali e telematiche.

L’accesso aperto non determina maggiori oneri, ma determina un modello economico alternativo e più efficiente ed efficace per indirizzare la spesa.

 

Coerenza della norma italiana con la Raccomandazione 2012/417/UE

“Le politiche di accesso aperto ai risultati della ricerca scientifica dovrebbero applicarsi a tutte le ricerche che beneficiano di finanziamenti pubblici. Da tali politiche ci si attende un miglioramento delle condizioni in cui si effettua la ricerca; tale miglioramento, che si otterrebbe riducendo la duplicazione degli sforzi e il tempo dedicato alla ricerca delle informazioni e all’accesso alle stesse, permetterà di imprimere un’accelerazione al progresso scientifico e di agevolare la cooperazione entro e oltre i confini dell’UE. Le politiche di accesso aperto risponderanno anche agli appelli formulati nella comunità scientifica affinché vi sia un maggiore accesso all’informazione scientifica”: lo afferma la Raccomandazione della Commissione Europea del 17 luglio 2012  sull’accesso all’informazione scientifica e sulla sua conservazione (GUCE n. L 194 del 21/07/2012)[5], che almeno dal 2006 promuove la diffusione dell’accesso aperto negli stati membri. L’accesso aperto è ormai un “elemento fondamentale delle politiche degli Stati membri che si prefiggono di assicurare una ricerca e un’innovazione responsabili mettendo i risultati della ricerca a disposizione di tutti e favorendo la partecipazione della società”.

Parimenti fondamentale è la conservazione dei risultati della ricerca scientifica, finalizzata all’uso  futuro dell’informazione scientifica: “La conservazione dei risultati della ricerca scientifica risponde all’interesse pubblico. Questo compito è affidato in genere alle biblioteche, in particolare alle biblioteche nazionali di deposito legale. Il volume di risultati di ricerca sta crescendo in maniera esponenziale. Per consentire la conservazione a lungo termine dei risultati di ricerca in formato digitale, occorrono meccanismi, infrastrutture e soluzioni software. Il finanziamento sostenibile della conservazione riveste un’importanza cruciale, perché i costi legati alla cosiddetta curation(raccolta, ordinamento e condivisione) dei contenuti digitalizzati sono ancora relativamente elevati. Vista l’importanza della conservazione per l’uso futuro dei risultati di ricerca, è opportuno raccomandare agli Stati membri l’elaborazione o il rafforzamento di politiche in quest’area”.

Per queste ragioni, la Commissione Europea raccomanda agli Stati membri di adottare misure efficaci per garantire l’ accesso aperto alle pubblicazioni prodotte nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici “quanto prima possibile, preferibilmente subito e comunque non più di sei mesi dopo la data di pubblicazione e di dodici mesi nel caso delle pubblicazioni nell’area delle scienze sociali e umane” e la loro conservazione nell’ambito di apposite infrastruttura digitali interoperabili all’interno e all’esterno dell’Unione.

 

Competenza istituzionale in materia di politiche per l’accesso aperto

Nel rispetto del principio di sussidiarietà, la Raccomandazione del 2012 precisa che “Le politiche che devono essere sviluppate dagli Stati membri dovrebbero essere definite a livello nazionale o subnazionale, in funzione della situazione costituzionale e della distribuzione delle responsabilità di elaborazione delle politiche sulla ricerca”.

L’art. 117 della Costituzione italiana – che all’art. 9 pone una stretta relazione tra lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica e la tutela e la salvaguardia del patrimonio culturale – assegna allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dei beni culturali e  competenza legislativa concorrente con le Regioni in materia di ricerca scientifica.

Su questa base, il Codice dei Beni culturali (D.Lgs. 42/2004) assegna al MiBAC compiti di controllo sulla tutela, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale e prevede la possibilità di accordi tra MiBAC, Regioni e altri enti pubblici territoriali, anche con il concorso delle università e di altri soggetti “per diffondere la conoscenza del patrimonio culturale e favorirne la fruizione”  (art. 119). La L. 106/2004, al fine di costituire l’archivio nazionale e regionale della produzione editoriale, istituisce il sistema del deposito legale presso le Biblioteche nazionali centrali di Firenze e Roma, nonché presso gli altri istituti indicati all’art. 5 della stessa legge.

Inoltre, la Costituzione italiana afferma il principio della libertà di ricerca e di insegnamento (art. 33) e quello dell’autonomia scientifica e organizzativa dell’università e degli istituti di alta cultura.

Le funzioni di competenza dello Stato in materia di ricerca scientifica sono attribuite al MIUR (art. 49 D.Lgs. 300/1999).

Coerentemente con il quadro delineato, il secondo e il terzo comma dell’art. 4 del Decreto Legge 8 agosto 2013 n. 91 Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismodefiniscono la cornice di riferimento perché le università possano attuare nei loro ordinamenti il principio dell’accesso aperto, nell’ambito di politiche coordinate tra MiBAC e MIUR per l’accesso e la documentazione dell’informazione scientifica.


[1] Da ultimo, si veda il Position statement firmato dai presidenti della CRUI, del CNR e di altre importanti istituzioni, http://wiki.openarchives.it/images/a/ad/Position_statement_OA_03052013.pdf.

[2] Dichiarazione di Berlino sull’accesso aperto alla letteratura scientificahttp://oa.mpg.de/lang/en-uk/berlin-prozess/berliner-erklarung/.  La Dichiarazione è stata sottoscritta da 71 università italiane e da numerosi enti di ricerca.

[3] http://www.sherpa.ac.uk/romeo/.

[4] Si vedano ad esempio i problemi emersi in occasione dell’esercizio nazionale per la VQR 2004-2010, https://www.aib.it/struttura/osservatorio-diritto-dautore-e-open-access/2012/20446-osservazioni-sul-regolamento-anvur/.

[5] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2012:194:0039:01:IT:HTML.

Allegato: Testo comunicazione su Open Access