La crisi della finanza pubblica non accenna a rientrare ed è ragionevole pensare che nei prossimi anni la situazione non cambierà. Il governo centrale riduce costantemente gli stanziamenti ai Ministeri e taglia i trasferimenti agli enti locali, alle università e agli istituti di ricerca e e di cultura, costringendoli a ridurre livelli di servizio e a rivedere programmi e attività. Le biblioteche, in assenza di standard minimi vincolanti, subiscono da anni riduzioni significative dei bilanci che ormai sono giunte in molti casi a pregiudicare le attività principali del servizio bibliotecario pubblico, rendendo in molti casi impossibile garantire un accesso esteso al patrimonio culturale, alla produzione editoriale, ai prodotti della ricerca scientifica. Ciò che non viene compromesso dai tagli viene irreparabilmente pregiudicato dall’impossibilità di rinnovare gli organici attraverso l’immissione di nuovi bibliotecari e di garantire l’aggiornamento a quelli in organico, e dall’immobilismo e dalla resistenza al cambiamento tipica delle istituzioni (ma a volte anche di chi vi lavora), che connota istituzioni e che frena ogni innovazione.
Le difficoltà finanziarie portano gli enti titolari a privilegiare la via dell’esternalizzazione dei servizi come scorciatoia per ridurre i costi o, peggio, a tentare la sostituzione indiscriminata del personale professionale con il volontariato, senza alcun progetto di miglioramento dei servizi offerti al cittadino, che risulta la prima vittima di questo circolo vizioso. A soffrirne è la dignità del lavoro in biblioteca, la qualità dei servizi e la possibilità di dare vita a esperienze di autentico ripensamento delle modalità di produzione e offerta dei servizi, che facciano leva sulla presenza di personale motivato e professionalmente preparato, sulla volontà di ripensare il ruolo e la funzione dei servizi bibliotecari nel quadro dei cambiamenti e delle priorità del nostro tempo e sulla capacità di operare gli interventi normativi e organizzativi ormai indifferibili per garantire la sopravvivenza del settore. A soffrirne, soprattutto, è la qualità dei servizi resi ai cittadini
Alla centralità della cultura, sbandierata da rappresentanti delle istituzioni e da intellettuali di ogni estrazione come la via maestra per uscire dalla crisi, non corrispondono fatti concreti. L’immobilismo fiacca gli entusiasmi e la volontà di reagire, l’assenza di prospettive finisce per far perdere il senso della funzione dei professionisti del patrimonio culturale e della mediazione informativa, rinchiudendoli in un limbo autoreferenziale che fa perdere centralità al legame fondativo fra biblioteche, bibliotecari e utenti.
Per reagire al rischio che le istituzioni che garantiscono a tutti i cittadini l’accesso alla conoscenza e al patrimonio culturale, ma anche a quelle che si occupano di educazione, istruzione, ricerca, siano considerate come qualcosa di non essenziale, di non connaturato alla nostra storia, identità, memoria, né al nostro futuro, l’AIB intende promuovere una strategia tesa a ripensare la fisionomia e il ruolo delle biblioteche nel XXI secolo, a definire il profilo e le prerogative dei professionisti che vi lavorano e a stimolare una presa di coscienza dell’importanza di un sistema bibliotecario nazionale al passo con i tempi e focalizzato sui bisogni reali del Paese e dei cittadini, gli unici punti di riferimento possibili nella prospettiva di un cambiamento reale, profondo, non gattopardesco.
L’azione dell’AIB sarà avviata nel prossimo autunno e proseguirà fino al termine del mandato del CEN; terrà conto delle analoghe iniziative in corso in altri paesi europei, in un’ottica di reciproco sostegno e confronto. Tre le linee principali di intervento:
Ruolo della biblioteca e dei bibliotecari
Lavoro e professione
Advocacy